In occasione della scomparsa di Ian MacDonald (Londra, 25 giugno 1946 – New York, 9 febbraio 2022) riportiamo l’intervista fatta da Ernesto De Pascale e Michele Manzotti durante la tappa alla Flog di Firenze nel 2004 del suo gruppo 21st Century Schizoid Band. Foto (c) Newpressphoto Firenze scattate in quell’occasione
Ovviamente la prima domanda è legata a quest’ultimo progetto. Com’è nato?
“L’idea, nata, qualche anno fa a Londra, fu sicuramente un progetto stravagante, ritrovarsi al momento tra i vari ex-King Crimson. Fu Mike Giles a prendere l’iniziativa, insieme a Pete Sinfield; così mettemmo su una piccola band, insieme a Mike e Peter Giles al basso, con lo scopo principale di eseguire brani che non erano mai stati ascoltati dal pubblico o non più riproposti da trent’anni.”
Quindi la formazione attuale comprende musicisti che si sono avvicendati successivamente con voi…
“Mel Collins è stato chiamato a far parte del gruppo perché ci piaceva l’idea di utilizzare due flauti, due sassofoni o due tastiere in modo da rendere il suono più potente. Da tempo volevo collaborare con Mel, cosa che non avevo mai fatto, dato che lui mi sostituì nella formazione dei King Crimson. E questo ha funzionato molto bene. Mike Giles ha lasciato il gruppo, ma il suo posto è stato preso da un altro batterista, Ian Wallace, che ha comunque lavorato con i King Crimson; è come una grande famiglia che ama fare cose insieme, studiare brani del passato ma anche lavorare su progetti in evoluzione e buttare giù materiale nuovo.”
A proposito di questo, lei hai fatto molte cose in questi ultimi 13 anni, non è stato certo fermo.
“Sì, scrivo per il gruppo e presentiamo nuovo materiale in continuazione; nel set della Schizoid Band ci sono due brani del mio album solista, pubblicato due anni fa. Abbiamo pezzi scritti da Jakko Jeckzekche, il chitarrista della formazione, oltre che cantante, un musicista valido che sa scrivere molto bene (a lui l’ingrato compito di sostituire Fripp, ndl). Da quando Mike ha lasciato il gruppo abbiamo bisogno di strumentisti che compongano al tempo stesso “.
Come si è trovato a suonare in Italia?
“Devo dire che da quando sono qui ho trovato sempre tanto calore e partecipazione di pubblico. E’ veramente fantastico”.
C’è una domanda che crediamo non possa non essere fatta, dato che se la pongono tanti appassionati del genere. Sta ascoltando ciò che sta facendo Robert Fripp con gli attuali King Crimson? D’altra parte c’è una relazione artistica tra voi e un solido pezzo di storia musicale che è iniziato grazie alla vostra collaborazione.
“Capisco la domanda e non so se risponderò in modo sufficientemente chiaro. Fripp ha sempre continuato ad avere rapporti con i musicisti che hanno fatto parte dei King Crimson, ha sempre seguito ciò che hanno o che stanno creando. Ma questa è un’esperienza diversa, separata da quella dei King Crimson, anche se è una sua filiazione e penso che Robert l’abbia ben accolta e supportata. Detto questo, non abbiamo necessità del suo supporto, perché il progetto è partito e sarebbe partito comunque. Ho molto materiale musicale da usare e per il quale non devo certo chiedere il permesso a lui. Nonostante tutto, è molto meglio che non ci siano problemi tra noi due.”
Vi siete trovati tutti attorno a un tavolo due anni fa; come’è stato?
“Bellissimo, perché era la prima volta che il gruppo originario dei King Crimson si ritirava nella stessa stanza. E’ stato un gran momento per me: a suo tempo era sembrato che volessi lasciare il gruppo in modo polemico, quindi è stata una bella occasione per parlare insieme, chiarirci e anche l’occasione per partire con la realizzazione del box Epitaph“.
Il suo modo di comporre contribuì non poco al linguaggio dei primi King Crimson. Arrivò con tante idee e il suo lavoro con Pete Sinfield fu il simbolo di un ottimo lavoro di équipe tra due giovani compositori. Come si sviluppò questa collaborazione e soprattutto ha ancora rapporti con Pete?
“Certo mi sarebbe piaciuto che Sinfield fosse stato coinvolto nel progetto come autore di nuovi testi. Parliamo spesso, ma lo vedo raramente, dato che io vivo in America e lui in Inghilterra; nonostante tutto nel set del gruppo ho introdotto un brano dal mio album solista, che è l’ultimo in ordine di tempo scritto dalla coppia McDonald-Sinfield.”
Facciamo una domanda legata alle giovani generazioni. Sarebbe possibile con le idee che avevate e la vostra personalità affrontare il mondo musicale attuale?
“Oggi ci sono tanti giovani che vogliono diventare musicisti a tempo pieno e molti di loro riescono anche a farlo, tanto che ci sono buone band in giro. C’è anche molta competizione e questo forse non è fattore completamente negativo; ma ai nostri tempi la differenza consisteva nel fatto che i gruppi avevano anche un controllo artistico sul prodotto rispetto alle case discografiche che non imponevano tutto ciò che dovevi suonare, cosa che oggi non è possibile. Fu certamente una circostanza fortunata.”
Eravate come una piccola comunità di persone che cresceva insieme, chi nei gruppi, chi come solista, ma anche come promoter o persona che si occupava della realizzazione dei dischi.
“Beh, crescevamo in questo modo, ci incontravamo, alcuni fra noi erano anche amici. Oggi è tutto più legato al business, alle etichette che ti impongono certe cose. D’altra parte molti della nostra generazione oggi sono diventati artisti indipendenti.”
Riuscivate a percepire che c’era qualcosa di speciale, che eravate protagonisti di un momento particolare?
“L’ho capito solo anni dopo, forse troppo tardi. Io lasciai il gruppo abbastanza presto, ma vent’anni più tardi ho pensato: ‘beh, facevamo proprio bella musica!’, cosa che non avevo capito a suo tempo. In ogni caso, tutti ci rendemmo conto che avevamo bisogno di credere nel gruppo, che eravamo bravi e sapevamo di esserlo; c’era un rapporto di fiducia tra tutti i musicisti e questa fu la forza dei King Crimson. Il fatto di credere che eravamo in grande confidenza l’uno con l’altro è stato importante. Ecco perché le improvvisazioni del gruppo non erano banali, ma interessanti e alla fine riuscite. Ritornando alla domanda di prima, forse lo sapevo già, ma senza realizzarlo fino in fondo”.
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