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Foto (c) Marco Benvenuti per Metastasio Jazz
Quest’anno gli appassionati di jazz festeggiano il centenario dalla nascita di Charlie Mingus, uno dei grandi nomi del Novecento. Ci dovremo quindi attendere un 2022 pieno di celebrazioni nei festival internazionali. In Italia Metastasio Jazz, rassegna giunta alla sua 27a edizione, ha tagliato per prima il traguardo affidandosi alle solide mani di Furio Di Castri, contrabbassista come Mingus, e del suo quintetto chiamato Furious Mingus Revisited in una serata organizzata insieme a Musicus Concentus al Teatro Metastasio il 7 febbraio. Ad affiancare il leader della formazione Giovanni Falzone (tromba), Achille Succi (sax alto e clarinetto basso), Fabio Giachino (tastiere) e Mattia Barbieri alla batteria. Di Castri si è divertito a evidenziare il gioco dei numeri prediletto da Mingus, ovvero il continuo cambio di ritmo. E lo ha messo nero su bianco nella sua composizione Evening Song, posta nella seconda parte del concerto. L’attenzione era però rivolta alla rilettura dei classici, che è stata rispettosa e al tempo stesso piena di inventiva nel gioco tra i cinque musicisti. Brani come Tjuana Moods, Peggy’s Blue Skylight, la straordinaria Self-Portrait in Three Colors sono stati resi con una tale freschezza da non far rimpiangere gli originali, con momenti solisti (ricordiamo in particolar modo quello di Achille Succi al clarinetto basso) di ottimo livello. Il finale ha visto Better Get It In Your Soul nell’arrangiamento di Falzone chiudere degnamente una serata che ha segnato la ripartenza del festival.
Doppio set invece per il secondo appuntamento della rassegna il 14 febbraio. Una combinazione curiosa per presentare un grande interprete pianistico a cui ha fatto seguito un quartetto che del pianoforte può fare a meno. Partiamo dal primo, ovvero da Craig Taborn, artista di punta dell’etichetta Ecm di Manfed Eicher per la quale ha pubblicato Shadow Plays, registrato dal vivo al Konzerthaus di Vienna. Un concerto, questo del disco, basato sull’improvvisazione, così come fu quello precedente in Toscana al Musicus Concentus nel 2018 e come è stato quello al Teatro Mestastasio. Taborn ha un grande pregio, che per qualcuno potrebbe essere un difetto: quello di andare dritto verso una proposta musicale che non blandisce le orecchie del pubblico con facili soluzioni. Il suo stile, sia virtuosistico sia quello più melodico, risente della prassi classica e della lezione di autori novecenteschi. L’uso dell’ostinato, le evoluzioni armoniche piene di sorprese, i temi dapprima scomposti e che poi trovano la loro unità. La sua è una visione personale che non ha niente a che vedere con le atmosfere di Keith Jarrett, convitato di pietra per molti esecutori. Taborn può vantare un modo di eseguire che può fare scuola e che è destinato a durare nel tempo.
Dopo i quarantacinque minuti per piano solo, è salito sul palco il quartetto di Enrico Morello (batteria) con Matteo Bortone (contrabbasso) Francesco Lento alla tromba e al flicorno e Daniele Tittarelli al sax alto. Il progetto Cyclic Signs di Morello, che era reduce dallo splendido concerto del 1 gennaio a Orvieto all’interno del gruppo Edizione speciale di Enrico Rava, evoca a suo modo il suono della West Coast dei Cinquanta come atmosfera strumentale. Ma al tempo stesso è figlio di questi anni, con Lento e Tittarelli in evidenza per lo sviluppo melodico delle idee del batterista e con un Bortone autorevole nella ritmica e nei momenti solisti. I brani, ricordiamo la conclusiva Natural Movement, sono ben costruiti in una ricerca che come nel set precedente non cerca facili effetti ma che si basa sulla sostanza.
In entrambe le serate c’è stato un doveroso pensiero dal palco ad Alessandro Giachero, scomparso nel 2020. Proprio quell’anno il pianista aveva suonato a MetJazz e quel concerto è diventato un disco, i cui proventi sono destinati alla famiglia. Un’esibizione in cui Giachero, aveva eseguito senza sosta brani di sua composizione e che grazie al disco resta come testimonianza della sua arte.
Michele Manzotti
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