il popolodelblues

Recensioni

Robert Plant & Alison Krauss, Lucca Summer Festival, 14 luglio 2022

20 ottobre 2022 by pdb in Concerti

Robert è tornato.

Avevo lasciato l’ultima volta Mr Plant a East London, il 29 febbraio 2020,  in un tardo pomeriggio –  prima serata di pioggia nebbiosa, una di quelle piogge vagamente romantiche che solo Londra sa rendere tollerabile, anzi addirittura parte del suo fascino umido, con l’acqua che attraversa la città attraverso il Tames e che scende dall’alto, in quella bruma  che impasta tutto di un maggiore silenzio, di una maggiore attesa. Una fila di pochi intimi, appassionati della sua scorribanda lunghissima nel mondo della musica, in fila, sotto questa sorta di rugiada pre notturna, per lui.

L’attesa era un’intervista con Robert, ben orchestrata da un giornalista della BBC, al Rough Trade, negozio di dischi e vinili; l’occasione era una collezione appena uscita di vinili molto artistici dell’artista, bellissimi visivamente quanto significativi nella sua carriera, una sorta di pezzo unico, ma l’occasione più ampia era raccontarsi, attraverso il significato di alcuni brani assai importanti nella sua carriera solista, che dal 1981 rappresenta la maggior parte del suo lavoro, 12 anni coi magnifici Led Zeppelin e 42 ormai di milizia quotidiana nell’avventuroso mondo della musica. Avventuroso per lui, che considera il passato un cuscino su cui dormire, ma poi ti alzi e affronti nuovi giorni, in nuove chiavi, e vai avanti. Una filosofia artistica eccezionalmente audace e forte, di cui si può fare tutti tesoro, anche se non si è musicisti, cantanti o artisti in generale. Move on è il motto.

Si è parlato di Mighty Rearrenger, l’album intriso di trip hop, rock, blues e influenze nord africane tanto amate, della cover di Morning Dew, una canzone anni Sessanta in cui si parla di un’alba post distruzione in cui non resta quasi nulla, quasi un presagio di quella che sarebbe stata una lunga, inattesa, problematica pandemia mondiale, che ha messo la musica dal vivo fuori uso per anni; ha dichiarato, onesto e deciso,  di come l’anima dell’artista sia racchiuso nella musica e nei testi di Lullaby and the ceaseless roar, come a dire che il suo animo si mantiene in bilico, come in fondo la vita lo fa, fra ruggiti e sussurri, fra sferzate di energia e accenni più intimi, uno yin e yang emozionale e musicale che fa da trait d’union di un mix di generi diversi, orchestrati con sapienza dai suoi compagni storici di scorribande.

Si parla poi, come anticipazione, del nuovo album in preparazione  con Alison Krauss, ex bambina prodigio del fiddle e regina americana del bluegrass e non solo. Nel 2007, col titolo – che è una strizzata d’occhio –  Raising Sand, costruirono una collezione di pezzi magnifici, vincitore di 6 grammy awards nel 2009, capitanato dal brillante talento del produttore T Bone Burnett.

Poi, un lungo silenzio, la pandemia, la mancanza della musica dal vivo e , infine, il ritorno, con l’album nuovo uscito nell’autunno 2021.

Il 14 luglio, a Lucca, al Summer Festival,  il duo Plant Krauss è  introdotto, con classe acustica,  dal duo Consoli-Rei.

Carmen scherza sull’emozione di suonare mentre da lì a poco entrerà in scena “Roberto, come si fa a suonare mentre aspettiamo Roberto, che era, che è, di una bellezza…”, poi guarda Marina Rei e si chiede “chissà se entrerà sempre con una sua camiseta”… il pubblico applaude e applaude.

Sì, Robert entra in scena con una camicia blu notte, da destra, col suo leggendario passo ieratico, un po’ sciamanico, mentre Alison, scampata a un virus alle corde vocali ma ancora non pienamente guarita, entra da sinistra per poi incontrarlo sul palco, quasi a indicare che vengono da diverse direzioni ma che la musica crea dialoghi inattesi ma possibili.

E’ difficile rendere con le parole la malia della musica, perché, come si dice, traduzione è sempre un po’ … tradimento, ma ci si prova.

Il piglio sciamanico si scioglie immediatamente in sorrisi e in una gioia che corrisponde pienamente al sapore senza tempo, universale come ogni buona musica, che Raise the roof fa assaggiare a un ascoltatore attento; ci sono cover di brani che uniscono rock, blues, americana e fondono ancora una volta opposti apparentemente inconciliabili in un duo armonioso, di grande classe, fuori dal tempo e anche assolutamente grintoso, gioioso, un inno alla musica. Se questo live fosse un quadro, sarebbe un inno alla vita coi colori di Matisse, tratti essenziali ma gioia di vivere versata a piene mani e, soprattutto, avventura sopra ogni cosa, che significa andare oltre gli steccati, sperimentare, provare, tentare nuove strade con spontaneità e con il piacere di farlo.

Certo, la scaletta è stata ridotta per permettere ad Alison di riprendersi completamente, ma si sa, artisticamente il valore di una serata musicale non è nella durata, ma nell’ intensità e nella qualità;  a partire dalla soffusa  Rich Woman, in una carrellata che presenta Quattro, la divertente Fortune teller, Rock n roll degli Zep riveduta e corretta in una delle tante nuove interessanti vite che Robert le offre, la dolce e vagamente malinconica  Please read the letter, l’inedito dell’album High and Lonesome, forte e  potente, l’intrigante Troubles with my lover, poi  una cover trascinante degli Everly Brothers, fino al tripudio, con due violini magistrali e il ruggito inconfondibile di Plant, di When the levee breaks. E’ forse il momento più intenso, emozionale, quasi arcaico nella sua incisività, della notte di Robert e Alison, un brano così potente che assorbe su di sé testa e cuore, tecnica e passione, un mondo intero in alcuni minuti di artisticità.

Si scivola via sulle note della ritmata e incalzante Gone gone gone e su Can’t let go.

Un concerto come questo riporta ai fasti che un concerto dal vivo magistrale deve avere dopo anni di silenzio: la classe, la tecnica, la passione e l’allegria, con Robert che scherza e ammicca ma senza esagerazioni, autenticamente simpatico e autenticamente divertito.

In un grande gioco di opposti, il mondo americano di Alison e quello east -west- north african di Robert si uniscono in modo sperimentale, senza ricerche pretenziose di equilibri assoluti, ma in un cammino in divenire di sperimentazione, o più propriamente di gioco. Certo, un gioco sapientemente giocato, fra mente ed emozione, testa e cuore o, per dirla come gli zep ma anche come ‘You led me to the wrong”, fra silver e gold: opposti che si attraggono e si miscelano come in un cocktail corroborante e rinfrescante, qualcosa di molto raro da trovare nel mondo attuale della musica.

Go, go, go, Robert … il tour continua ed è poi approdato in America in agosto e settembre.

Roberta Fiamma Guiducci