Bloos Records
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Angelo “Leadbelly” Rossi è un decano del piccolo ma variegato mondo del Blues Italiano. Viene da una generazione di musicisti che erano in prima istanza fini conoscitori di Blues e poi, eventualmente, custodi spesso maniacali della musica del diavolo. A Rossi forse si potrebbe imputare di essersi concesso poco, di averci lasciato spesso con quel filo di appetito che spinge a ritornare subito a tavola come fu per un suo precedente opus, l’ottimo “I don’t want to take nothing with me when I’m gone “ (ALR 001, 2006), un lampo nel buio di 17 anni fa. Ma questo è un problema strutturale del Blues Italiano, dove non si può certo vivere, nemmeno sopravvivere, coi proventi della propria attività. Ricordati i limiti oggettivi del contesto, questo “It don’t always matter how good you play” (Bloos Records, 2023) ribadisce la bontà della musica proposta da Rossi, ancora una volta fine cesellatore, minimalista per vocazione, saldamente ancorato al blues rurale e ossessivo delle Mississippi Hills con qualche reminescenza di Tony Joe White qua e la. In copertina c’è anche un cane, come in “Too bad Jim” di R.L. Burnside (Fat Possum, 1994). Disco cotto e mangiato in due giorni, senza fronzoli, in quel di Livorno. Roberto e Simone Luti, chitarra e basso, e Enrico Cecconi alla batteria accompagnano Rossi in questa avventura seguendo e assecondando la sua ispirazione sempre genuina. Con Rossi, Roberto Luti tesse trame liriche e oscure sulle ritmiche ipnotiche di basso e batteria, dove non si spreca una nota lasciando fluire la musica senza abbellimenti. L’impatto è meno brutale, meno rozzo di quello partorito a suo tempo da leggende come R.L. Burnside e Junior Kimbrough, ma il risultato resta notevole. Da “Wait a little longer more” alle tinte vagamente religiose di “Get me outta here”, con una buonissima slide, che ben si abbina al successivo “How long will it take”, il riff accattivante di “Swinging seventies” (tranquilli, di swing non c’è niente) alla finale “Grateful to be here” che viaggia sui 12 minuti e sembra uscita dritta dritta da “If I could only remember my name” (Atlantic Records 1971), omaggio presumo involontario al genio di Dave Crosby, con le chitarre che snodano e riannodano assoli in punta di plettro. Da qualche parte spunta anche la figurina di Jerry Garcia. A proposito di chitarristi, detto en passant, non sfuggirà a nessuno il grande e generoso lavoro fatto da Roberto Luti con PlayingForChange dove il suo talento rifulge in tanti stili differenti. Concludendo, a mio modesto e umilissimo parere, questo “It don’t always matter how good you play” sta nella classifica dei primi 5 dischi di Blues Italiano di sempre. Rossi è recidivo perché anche il succitato “I don’t want to take nothing with me when I’m gone“ resta stabilmente nella classifica dei primi cinque dischi Italiani di Blues. Più che una conferma, una incoronazione.
Luca Lupoli
Tracce
Desperate People
Wait A Little Longer More
Who Gonna Remember What?
Old Memories Sound Good To Me
Get Me Outta Here!
How Long Will It Take
Grateful To be Here
Tagged Angelo Leadbelly Rossi, bloos records, blues, Roberto Luti