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Sound Tracks Jazz & Blues Festival XX Edizione, 5-27 Settembre 2024

10 ottobre 2024 by Silvano Brambilla in Concerti, Recensioni

Sound Tracks Jazz & Blues Festival XX Edizione, 5-27 Settembre 2024

Il fondatore Luciano Oggioni, coadiuvato da sua moglie Daniela Rossi, ha portato avanti fino alla sua scomparsa avvenuta l’anno scorso, il Sound Tracks Jazz & Blues Festival, per diciannove anni, mantenendo caparbiamente alcune peculiarità come: l’ingresso gratuito, una mescolanza di artisti italiani ed internazionali, l’itinerante collocazione dei concerti nei vari comuni dell’alto milanese. Non è stato semplice mantenere ben ferme queste posizioni, ma i risultati parlano chiaro, il Festival è diventato uno dei più longevi in Italia, e la sua storia è conosciuta anche negli Stati Uniti per le parole di stima dei musicisti che hanno partecipato nelle varie edizioni. Ci si aspettava che il raggiungimento quest’anno dei vent’anni di vita avesse avuto qualche considerazione in più, sempre manifestata da un pubblico fedele alla linea, e dall’impegno dei musicisti che non si sono mai risparmiati ma, purtroppo, non da parte di alcune realtà sociali e politiche che avrebbero aumentato il loro messaggio culturale. Causa una condizione metereologica poco clemente, due dei quattro appuntamenti sono stati spostati da un programmato ampio luogo all’aperto, a sale comunali trasformate per l’occasione a sala da concerto. È successo per Franceso Piu Trio a San Giorgio Su Legnano. Oltre a lui con chitarre e voce, Davide Speranza armonica, Silvio Centamore batteria. È ben noto che i tre hanno anche una propria vita artistica, applaudita da pubblico e addetti ai lavori, anche all’estero. Insieme sono una entità concreta, generosa, coinvolgente nella riproposizione di quella miscela di blues, funky, soul, rock, con la quale Francesco Più è diventato uno degli artisti più richiesti. Jesus On The Mainline, Gotta Seve Somebody, You Feed My Soul, Overdose Of Sorrow, Black Woman, l’intensa, Mother e una versione unplugged fra il pubblico di, We Shall Not Be Moved, sono conosciuti punti fermi del repertorio di Francesco Piu, ma ogni volta si percepiscono nuovi risvolti, laddove il trio se la intende alla grande, fra cambi di tempo, stacchi, assoli, lucida improvvisazione, palese professionalità e sempre una dose di divertimento. Il secondo appuntamento era fissato a Canegrate in piazza Matteotti, ma anch’esso ha subito uno spostamento nella sala comunale per il motivo di cui sopra. Era un concerto molto atteso, perché riguardava il nuovo corso di una band che si può definire storica nel panorama del blues internazionale per essere stata parte integrante di concerti e dischi, di importanti bluesman neri e bianchi. Per un certo periodo l’abbiamo conosciuta come, Guitar Ray & The Gamblers, lui è il fenomenale chitarrista Renato “Ray Scona” Sconamiglio. L’attuale formazione è composta dal membro originario, il bassista (in forza anche alla Treves Blues Band) Gabriele Dellepiane, dal chitarrista, cantante, autore, Fabio (Marza) Marzaroli, da Giulio Taddei chitarra e voce, Matteo Boldini hammond, Samuele Esposito batteria. E’ un quintetto che ha un forte impatto espressivo, blues con qualche venatura southern rock, originato da una serie positiva di fattori, ad iniziare dalle qualità dei singoli musicisti, con una dedizione verso una pulsione comunitaria, con l’incoraggiante presenza di Gabriele Dellepiane, e per l’esponenziale maturazione vocale, strumentale, veicolate da una lucida ossessiva passione di Fabio Marzaroli, il quale da allievo è diventato un giovane maestro sia del bravissimo chitarrista anche slide, Giulio Taddei, che dell’infaticabile Samuele Esposito alla batteria, e dell’ottimo suonatore dell’hammod, Matteo Boldini. Altro fattore è la compattezza e capacità di guardare con ammirevole rispetto alla tradizione e incalzarla con passi di personalità, dagli autografi di Marzaroli, Keep Me Strong, Dirty Shoes, Too Much Attention, a cover, San Ho Zay, Wish You Would, Spoonful, Walking Blues che Fabio ha voluto dedicare a Nick Becattini, e alla conclusiva versione di, You Know My Love, di Otis Rush. L’obbligato bis è stato a base di rock’n’roll, Everytime I Roll The Dice. Chi ha occupato ogni posto a sedere e la gente in piedi, ha applaudito convintamente.

Il terzo appuntamento, questa volta come da programma, tenuto nell’Auditorium di Cerro Maggiore, è stato per il concerto di Cek (Franceschetti) & The Stompers. Il musicista del lago D’Iseo sponda bresciana, ha sempre tenuto su di giri quel moto perpetuo che alimenta i suoi percorsi musicali, iniziando dalla sua fonte, il blues, per poi combinarlo con diverse venature rock, e acustiche folk. Ce lo ricordiamo quando si palesava in trio prima come, Cekout, poi come Cek Deluxe, e successivamente solo come Cek Franceschetti. Ora altra svolta con una nuova formazione e un disco, Mr. Red (Gulf Coast Records), in riferimento ad uno dei suoi ispiratori e con cui ha suonato, il bluesman Louisiana Red. Non è un disco di solo blues, ma un fitto concentrato di cultura musicale americana nera e bianca, comodamente chiamata, roots music, e che, permetteteci di aggiungere una nostra espressione, come legna secca che brucia bene. Ottimo che gli Stompers dal vivo sono gli stessi del disco, Luca Manenti chitarra elettrica e mandolino, Andrea Corvaglia armonica e voce, Pietro “Peg” Gozzini contrabbasso e voce, Federica Zanotti percussioni e voce, significa mantenere una solida relazione fra di loro e con Cek, voce e resofonica. Si è notato che per tutto il concerto, nessuno si è risparmiato nel diffondere il variegato verbo elettroacustico, dentro al quale Cek ha voluto mettere a conoscenza il pubblico, anche di alcune tematiche ed episodi che compongono i testi autografi che fanno parte del disco, con pezzi come, 7th Heaven, Juanita, Please Me, Fairy Tales, Going To The Circus, Mr Red, e l’unica cover del grande J.J. Cale, Thirteen Days. Due ore di alto tasso adrenalinico. Il Festival doveva essere chiuso dalla Treves Blues Band, un ulteriore concerto per festeggiare i cinquant’anni di leggendaria carriera, ma per indisponibilità di Fabio Treves, sul palco della tensostruttura di Nerviano, è salito Paolo Bonfanti Band.

È un altro graditissimo ritorno del noto chitarrista ligure, una delle figure centrali della musica in Italia per il suo pregevole e descrittivo ecclettismo che sa rappresentare in ogni condizione, da un club ad un Festival, da solo, in duo, e in quartetto, come si è presentato. Un combo di alto livello professionale, lui chitarra e voce, Roberto Bongianino accordion, Nicola Bruno basso, Alessandro Pelle batteria. Delle sue partecipazioni al Sound Tracks questa è da mettere in cima alle preferenze, ha coinvolto il pubblico portandolo in un applaudito giro stilistico. Da New Orleans guardando agli iconici The Meters, suo punto fermo di riferimento, con, “Fire On The Bayou”e “Cissy Strutt”, su verso il Mississippi con, Traveling Riverside Blues di Robert Johnson, all’autentico chicago blues di Muddy Waters con, Deep Down In Florida, a sua maestà Bob Dylan con, Desolation Road, per approdare alla sua Genova con un pezzo cantato in dialetto. Il bis è un altro momento alto, c’è la versione di, Long Time Gone, di David Crosby. Paolo Bonfanti Band con molta naturalezza, ha mostrato ancora una volta il ricco vocabolario dove le pagine non sono sottolineate da sovrabbondanti assoli, ma completate da una esaustiva lezione musicale.

Silvano Brambilla

 

Foto Cek & The Stompers di Carlo Carugo

Foto Paolo Bonfanti Band e Daniela Rossi di Fabio Tosca

 

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