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Interviste

Antonio Gramentieri: “Don Antonio? Il Mediterraneo dopo il blues”

18 giugno 2017 by Michele Manzotti in Interviste

Da Modigliana a Melbourne passando per Londra. Stavolta però Antonio Gramentieri, chitarrista romagnolo dalla forte vocazione internazionale che ha legato il suo nome prima ai Sea Of Cortez e poi ai Sacri Cuori, ha fatto una lunga tappa in Sicilia. Nell’isola è nato Don Antonio, un album solista (etichetta Santeria, distribuzione Audioglobe) che ha già conquistato l’Europa con un tour che ha visto Gramentieri sul palco insieme all’amico Dan Stuart (già Green On Red) e Alejandro Escovedo. Abbiamo parlato con il musicista in occasione della tappa di Brisighella (Ravenna).

Gramentieri, ascoltando Don Antonio c’è qualcosa che riprende le sonorità dei Sacri Cuori anche se lo sviluppo è diverso.

«E’ un percorso parallelo. C’è qualche cosa in comune, perché ovviamente è il risultato di un lavoro che faccio da anni. Ma i processi creativi sono diversi. Mi sono creato una porta girevole da cui entrare e uscire: qui ho potuto mescolare vari elementi. Ed è stato importante creare questo disco a Catania. Io vengo dal blues e non avrei mai pensato di misurarmi con un’atmosfera mediterranea che poi ha influito sulla mia musica».

Lei ha suonato in tanti paesi quindi è entrato in contatto con molte culture. Le piace raccogliere sonorità di altri luoghi o queste le arrivano spontaneamente mentre lavora?

«Le raccolgo personalmente ma non con il taccuino dell’etnomusicologo. Anzi le sonorità vengono mediate da una certa fierezza dell’ignoranza. Mi piace farmi suggestionare dai suoni: nell’istante in cui poi li traduco, li tradisco così come è nell’etimologia della parola».

 

 

Rimaniamo sempre in una dimensione internazionale, anche per le tante collaborazioni a partire da quella con Dan Stuart. Come è nata questa opportunità di andare spesso oltre confine?

«Non ho mai sofferto del fatto di suonare meno in Italia. La mia musica è trasversale per vocazione e quindi anche chi la ascolta va al di là i generi e quindi anche oltre i confini. Tanto da arrivare a essere trasmesso dalla Bbc ed essere richiesto da altri musicisti come nel caso dell’ultimo tour con Alejandro Escovedo».

Cosa porterà delle tracce di Don Antonio nel concerto di Brisighella?

«Innanzitutto va detto che al momento è terminato il primo tour legato all’album. Poi disco è al tempo stesso un lavoro solista e un progetto collettivo. Io sono rimasto folgorato da giovane quando ho visto Paolo Conte sul palco e la quantità di musicisti che erano con lui sul palco. Mi piace molto come una musicista quale è Pj Harvey ha affrontato i suoi ultimi concerti dal vivo: in scena c’era una struttura ’a coppie’ ovvero due musicisti di strumenti affini disposti insieme. E’ un elemento che voglio riproporre proprio per dare il senso di lavoro collettivo: due batteristi, due bassisti e così via. Un aspetto corale e di condivisione che è alle base del progetto Don Antonio».

Michele Manzotti

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