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Interviste

Rob Paparozzi: “Io, l’italiano dei Blues Brothers”

9 agosto 2017 by Michele Manzotti in Interviste

www.robpaparozzi.com

Foto (c) Fiorenzo Giovannelli

Ha conquistato il pubblico del 30° Porretta Soul Festival con il suo modo di stare sul palco, ma soprattutto con la sua grande qualità musicale. Basti ricordare un’ottima cover di Ticket To Ride dei Beatles con l’armonica e il duetto con Vaneese Thomas in “Hold On, I’m Coming”. Rob Paparozzi d’altra parte è un musicista di lungo corso del cui disco parlammo in occasione della sua uscita.

Come si è trovato al Porretta Soul Festival?

“Venni qui per la prima volta con i Blues Brothers e già fu una bella esperienza. Oggi posso dire che questo festival è una vera e propria famiglia dato che è arrivato al trentesimo anno. Graziano Uliani ha fatto in modo che questa formula funzionasse in questo modo. E’ la migliore atmosfera che si possa trovare al mondo, perché c’è molto rispetto per la musica più che negli Stati Uniti. Ma forse lo dico perché sono italiano”.

Quando è nel nostro paese qual è la sua sensazione?

“Sento una forte connessione con l’Italia grazie alla figura di mio padre, che era un prigioniero di guerra. Quando sono cresciuto e lui non c’era più c’è stata l’opportunità di avere contatti con i miei zii e i miei cugini in Italia tramite il web. E grazie ai biglietti aerei più convenienti sono riuscito a venire spesso qui con mia madre. Mio padre era di Canepina, nella Tuscia, ed è per questo che ho chiamato il mio disco Etruscan Soul“.

La sua ispirazione? L’album inizia con un brano dei Beatles e lei comunque ha fatto parte della Blues Brothers Band. Con quale musica è cresciuto?

“Mia madre in casa suonava il piano a orecchio. E anche se non studiava musica, amava molto l’opera, ma anche George Gershwin, Ray Charles e B.B.King. Per questo motivo ho avuto un’ispirazione per tanti stili di musica differenti e questo mi ha permesso di essere un musicista migliore. Le mie radici invece affondano nel soul e nel blues, perché amavo queste sonorità. Ma mi sento attratto anche dalla classica, standard americani, solisti di armonica come Toots Thielemans. Lui è stato veramente una grande ispirazione per lo strumento”.

L’ultima domanda riguarda la Blues Brothers Band. Quando lei si è unito al gruppo, il suo marchio era già importante. Probabilmente non deve essere stato molto semplice affrontare questo tipo di eredità.

“Si, la band ha una storia che ha origine nel 1979, quando nacque l’idea e quindi anche il film. Il giorno in cui uscì rimasi stupito per la playlist, ma mio fratello mi spiegò che erano brani che avevano un forte impatto a livello intrenazionale. Poi quando dopo venti anni ebbi la telefonata di Steve Cropper per unirmi alla band, dissi ‘I Blues Brothers? Ma certo!’. E stato fantastico ascoltare tante storie quando eravamo a mangiare insieme, e poi sul palco le condividevamo con il pubblico. Potevo chiedere curiosità su tante cose: da Otis Redding a Eddie Floyd a brani come Knock on Wood. E tornando a Porretta, questo festival raccoglie tutte queste belle cose insieme”.

Michele Manzotti

 

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