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Giuditta Scorcelletti: “Il mio primo premio”

19 ottobre 2017 by Michele Manzotti in Interviste

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Foto (c) Mimmo Mastrangelo concesse dall’ufficio stampa

Cantante di strada e musicista tanto popolare quanto raffinata. Pistoiese di origine che ha scelto Populonia (nel sud della provincia di Livorno) come base per la sua attività, si è tolta una bella soddisfazione, stavolta sul palco. Giuditta Scorcelletti ha infatti conquistato il riconoscimento per la migliore interpretazione al Premio «Andrea Parodi» di Cagliari, intitolato allo scomparso cantante dei Tazenda e vinto da Daniela Pes. Insieme a Giuditta Scorcelletti durante il premio Alessandro Bongi alla chitarra ed Ettore Bonafe’ alle percussioni.

Come è nata la sua partecipazione al Premio Parodi?

«Della rassegna mi aveva parlato un amico giornalista, Salvatore Esposito, già lo scorso anno. A questa edizione ho potuto partecipare grazie a un progetto discografico che sto seguendo dedicato a Beatrice Bugelli, autrice della montagna pistoiese. Ho messo in musica due ottave rime e ho ripreso un brano chiamato Malcontenta. A fine agosto ho saputo che ero stata ammessa in finale».

Il premio presupponeva una competizione. Al di là di questo come è stato l’incontro con gli altri interpreti di musica popolare?

«C’è stato un bellissimo scambio di esperienze tra musicisti che avevano provenienze differenti. Ho preso contatti con il gruppo dei Rebis per partecipare a un festival di Genova. E pensare che era la prima volta (forse anche l’ultima) che partecipavo a un premio. Infine è stato bello poter interpretare un brano di Andrea Parodi».

Ha accennato a una produzione discografica, ce la può introdurre?

«Ho tratto ispirazione dal libro Roadside Songs of Tuscany della scrittrice americana Francesca Alexander. L’autrice, che nella seconda metà dell’Ottocento si stabilì in Toscana, passava le sua vacanze all’Abetone dove conobbe Beatrice Bugelli, detta anche Beatrice di Pian degli Ontani. Era una donna che aveva otto figli e viveva in estrema miseria. Francesca Alexander l’aiutò economicamente (così come fece con altre persone durante il soggiorno italiano) e trascrisse testi e melodie di molti canti popolari della montagna interpretati da Beatrice».

Due anni fa uscì Nightingale, un disco cantato in inglese con brani di Michael Hoppé su testi di David George per un’etichetta americana. Questo album ha segnato uno spartiacque nella sua attività musicale?

«Per certi aspetti sì, perché la lingua inglese apre altre prospettive in un ambito più ampio rispetto a quello italiano. Specialmente negli Stati Uniti dove c’è molto interesse per la musica popolare».

Michele Manzotti

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