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Un musicista come Chick Corea rappresenta un faro nel jazz e non solo. Quando entrano in gioco altri musicisti accanto a lui devono necessariamente essere allo stesso livello tecnico e interpretativo oltre che capire il suo sentimento musicale. Per quei miracoli che nella musica fortunatamente non sono rari, il trio che il pianista ha saputo riunire comprende esecutori che riescono a essere comprimari e protagonisti al tempo stesso. In questo caso John Patitucci al contabbasso e Dave Weckl alla batteria che con Corea formano l’Akoustic Band, un progettto attivo già dal 1989. Va detto subito che, come confermato nel concerto fiorentino che faceva parte del tour italiano di tre date, Corea è un musicista che coinvolge il pubblico nel modo giusto.
Introduce i brani e i suoi colleghi, è sempre sorridente e nell’ultimo brano invita a intonare melodie senza forzare con gesti fuori luogo. Una prassi che non fa certo rimpiangere quella di un Keith Jarrett, musicista eccelso quanto personaggio difficile sul palco (e dal palco). Quindi il concerto scorre tranquillo e con momenti di livello musicale altissimo. John Patitucci unisce ritmica, melodia e virtuosismo in un mix di classe. Dave Weckl tocca le percussioni con garbo, talvolta sfiorandole, e con precisione millimetrica tanto da farle quasi cantare. Tutto questo, con le mani di Corea che viaggiano sicure sul pianoforte, in un repertorio che vede originali e standard. Dall’iniziale Morning Sprite a Lifeline, dalla Sophisticated Lady di Duke Ellington a That Old Feeling di Lew Brown e Sammy Fain, fino a una lettura di Domenico Scarlatti e di Spain, posta come bis, tratta da Joaquin Rodrigo. Una serata di grande jazz, ma soprattutto un modo per conciliarsi con gli esecutori sul palco.
Michele Manzotti
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