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Lino Patruno Jazz Monday, Alexanderplatz, Roma, 28 gennaio 2019

29 gennaio 2019 by Michele Manzotti in Concerti, Recensioni

A volte non è sbagliato (anzi fa proprio bene) rituffarsi nel passato. Nel jazz delle origini che va sotto il nome di Dixieland, originario di quella New Orleans dove sbarcavano gli italiani in numero maggiore rispetto a New York dato che il biglietto della nave costava di meno. Un repertorio di facile ascolto, ma tutt’altro che semplice nell’esecuzione: bisogna avere qualità tecniche, propensione al lavoro di insieme in ensemble o big band, e al tempo stesso sapersi lanciare in momenti solisti. È quindi con piacere sapere che Lino Patruno, uno dei più importanti esponenti del genere oltre che protagonista della fantastica stagione dei Gufi, ha ripreso in mano questo repertorio  con un combo di sette elementi. La serata all’Alexanderplatz di Roma (ne seguirà un’altra analoga il 25 febbraio) lo ha visto leader, banjoista, cantante e maestro di cerimonie.

il settetto ha aperto le danze con Indiana (che, come ha detto Patruno, tutti i musicisti di jazz dovrebbero conoscere) passando poi per Basin Steet Blues, Bourbon Street Parade, My My Blues, The Tea Roof Blues. tutti brani la cui carateristica è quella di colpire l’ascoltatore al cuore e al cervello. Il leader, classe 1935, dimostra ancora grande valenza strumentale e vocale scegliendo compagni di avventura nell’ensemble con caratteristiche analoghe. Pensiamo a Micheal Supnick, trombonista americano già con le formazioni di Renzo Arbore, in When You’re Smiling. alla pianista Silvia Manco in Once Upon A Time in Summertime, al contrabbassista Guido Giacomini (la formazione era completata da Gianluca Galvani cornetta, Riccardo Colasante batteria e Raffaele Gaizo clarinetto). Non sono mancati ospiti come Mirko Dettori al piano e, tra il pubblico, Franco Nero.

Non a caso, perché Patruno ha eseguito Forever Blues, scritto per l’omonimo film diretto e interpretato dell’attore. Una serata piena di swing che dovrebbe essere la regola per ogni jazz club che si rispetti.

Michele Manzotti

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