(Maremmano Records / Ird)
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Terzo album per la cantautrice romana Agnese Valle dal titolo “Ristrutturazioni”, che da anni raccoglie consensi nei migliori premi musicali italiani. Un lavoro ben curato nella produzione artistica di Pasquale Citera e della stessa Valle, nel raffinato progetto grafico di Giulia Valle, aiutato dalle fotografie di Giorgia Tino. Il disco si apre delicatamente con ” Palmo su palmo” ( “Se le braccia prestate ogni volta al cambiare del vento, conservano ancor il miracolo ormai spento, saprò allora accordare il mio passo a quel girotondo che di stagione in stagione fiorisce di un nuovo talento”) caratterizzata all’inizio da un synth che lascia spazio al pianoforte, agli archi e alla chitarra, si cambia atmosfera in ” Cortocircuito” ( ” Il buio è feroce, un cane cerca la luna, c’è chi ancora si ostina a chiamarla sfortuna, senza lampade accese anche il cielo ha paura, ma se l’abbaglio ti acceca di giorno, la notte è la cura”) con un basso martellante e una chitarra elettrica suggestiva che ci racconta la società in black out non solo fisico, ma anche mentale, atmosfera di classe per ” Come la punta del mio dito” ( ” C’era un buco sopra al tetto e adesso il tetto non c’è più, vivo sotto l’arco delle stelle, i loro nomi ve lo dico non li so, ma la più in vista conosceva la risposta da un pò, come la punta del mio dito”) composta e cantata con Pinomarino, è sorretta dal pianoforte, dalla chitarra acustica, arpeggi di elettrica e l’entrata dolce del clarinetto suonato da Agnese, un bell’intreccio tra chitarra ed elettronica sostiene ” Cactus” ( ” Datemi quel che potete un germoglio di riso, un pugno di sale, un coltello che recida il superfluo, ma che il buono sappa scolpire, una corda che mi tenga stretta quando i miei piedi vorranno scappare, una porta da chiudere alle spalle quando non c’è più niente da fare”), più teatrale la successiva ” Al banchetto dei potenti” ( “Tutti al ballo mascherato, pupille di bicarbonato, botulino, silicone ad occultare la pensione spesa tutta nella lotta antigravitazionale… Sei alla fine del banchetto e non hai i soldi per il conto, a stare dritti sulla schiena ci vorrebbe un manuale come se per troppi inchini non riuscissi a camminare, si fa buio nella stanza, nel bel mezzo della danza, non credevi che sul dorso avessi scritta la scadenza”) con l’innesto dell’orchestra delle Donne del 41 parallelo, la chitarra western e quel fischio che ricorda molto il Gaber de “Il conformista”, si parla di terremoto, ma con riferimenti ai fatti del Bataclan e di Nizza in ” La terra sbatte” ( ” La terra trema , il cielo scoppia, in un mattino che ha l’oro in bocca, la forza più forte, la rabbia più nera, un’impotenza che è già una galera, la strada che brulica di anime perse in cerca dei cari tra le macerie, il teatro zittito da un’esplosione, la vile sconfitta della ragione”), un pezzo oscuro e trascinante allo stesso tempo, grazie anche al prezioso contributo della Piccola Orchestra di Tor Pignattara, ” Di carne e di pietra” ( ” Mi sento come un orologio rotto, continuo a camminare ma in ritardo, un ingranaggio debole in un mondo così instabile, dall’ultimo scaffale di una teca, una donna in miniatura fatta pietra, in una mano una colomba e nell’altra un melograno”) è un brano sognante con un tappeto di pianoforte e pennellate di clarinetto, arriviamo al capolavoro del disco con ” L’ultima lettera dell’astronauta” (” Come custodire un segreto sno stato bravo, so lavorare la calce, tirare su i muri e poi nascondermi nei giorni più duri, come sembrare lontano e poi trovarmi nella tua mano, come restare bambino col capo liscio e lo sguardo chino”) un brano che tocca le corde dell’anima, con un pianoforte a fare da padrone e l’interpretazione trascinante di Agnese, ” Fame d’aria” ( “Sentirsi in trappola dentro alla macchina, mentre la tempesta impazza, scroscia l’acqua a secchi sul parabrezza, sopra uno scivolo, come uno scarico, sono chiusa in un cunicolo, cado giù, il respiro è in bilico”) parte talmente affannoso che toglie il respiro, per poi esplodere con chitarre elettriche. C’è anche spazio per una cover e la scelta cade in ” Ventilazione” di Ivano Fossati, che dava il titolo al disco del 1984. Una versione rispettosa dell’originale, con una batteria più serrata, elettronica e un’interpretazione comunque personale. ” Il tonno ” ( “Ti capita mai di sentirti un tonno o meglio un salmone imprudente che guida contromano senza casco risalendo il torrente? Lui tiene d’occhio la meta e a volte si chiede se ne valga la pena, ma è un cambio di scena, meglio il sale negl’occhi che sottosale, meglio l’oceano che una scatoletta d’acqua di mare”) è trascinante, ha la forza di un tormentone, è un invito ad essere testardi sostenuto da chitarre elettriche ed elettronica. La chiusura del disco è affidata a “Scivola” ( ” Quando pensi di aver detto tutto quello che hai da dire, mangi il frutto e sputi il seme e se mi accorgo di parlare proprio a chi non vuol sentire, inventerò nuove parole per vivere il presente, vivere nel presente”) brano dove il synth e la chitarra si intrecciano e creano un’atmosfera dolce e rilassante. Con questo nuovo lavoro Agnese Valle conferma le sue già note qualità, aggiungendo però una cura e una ricercatezza nella scrittura, classe ed eleganza nella parte musicale. Ogni singolo brano è stato rivestito del giusto abito, mai qualcosa fuori posto, segno di una maturità espressa al meglio, che pone Agnese Valle nell’olimpo delle nuovi cantautrici italiane. Consigliatissimo.
Marco Sonaglia
Tracce
Palmo su palmo
Cortocircuito
Come la punta del mio dito
Cactus
Al banchetto dei potenti
La terra sbatte
Di carne e di pietra
L’ultima lettera dell’astronauta
Fame d’aria
Ventilazione
Il tonno
Scivola
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