(Prospettiva edizioni)
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Pagg. 256, Euro 20
Forse di manuali del rock iniziano a essercene più del dovuto. Per questo serve una lettura che vada oltre date. singoli musicisti, linguaggi stilistici a favore di un inquadramento complessivo che cerchi un’impostazione originale. Quella di Tommaso Mariotti punta a evidenziare, nell’arco temporale 1961-1975, il rapporto di un modo di fare musica con un pubblico che è diventato vasto tanto da conquistare il cosiddetto mondo occidentale (e anche oltre). Una prassi lontana da quella colta e dal jazz, verso il quale in parte pagava un tributo. per una musica dal carattere spontaneo e che permetteva a molti strumentisti di trovare la giusta forma espressiva. E dall’altra parte c’erano persone pronte a raccogliere le idee, le ispirazioni, la grande varietà di una discografia destinata, fortunatamente, a durare negli anni. Un rapporto quindi musica/pubblico rimasto unico. Per questo Mariotti non utilizza una narrazione cronologica in senso stretto ma riflette su elementi comuni, comportamenti sociali, fatti storici volando spesso tra Europa (principalmente Gran Bretagna) e America (in primis Stati Uniti), dando al rock un ruolo molto più importante di quanto non sia una forma di intrattenimento. In pratica l’autore spiega come più di altre la musica di quel periodo sia entrata nella pelle e nelle ossa di molti, grazie al fatto che l’ascolto era il risultato di un piacere epidermico e la voglia, attraverso le note, di esprimere la propria quotidianità.
Michele Manzotti
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