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Special

Edoardo De Angelis – Io volevo sognare più forte

25 gennaio 2021 by Marco Sonaglia in Special

(Il cantautore necessario / Egea)
www.edoardodeangelis.it

Ci sono ritorni discografici che si aspettano con grande curiosità e quasi con impazienza conoscendo la caratura dell’artista. Il nuovo lavoro di Edoardo De Angelis rientra in questa categoria: infatti a tre anni da ” Nuove canzoni” , ci presenta un nuovo ispiratissimo lavoro “Io volevo sognare più forte”,  formato da dodici tracce. Per l’occasione De Angelis affida la produzione artistica a Fabio Ferri e Alberto Laruccia: lo stesso Laruccia (che nel disco suona tutte le chitarre, pianoforte, elettronica oltre che alla voce) si occupa degli arrangiamenti e della direzione, coinvolgendo tantissimi musicisti e altrettanti ospiti. La parte grafica invece è di Clara De Angelis e YouMe Loft House di Reggio Emilia, i bellissimi acquerelli sono stati creati da Davide Tirelli appositamente per questo disco. “Prima d’essere Europa” (“Cos’è mai stato quel tempo in cui negli occhi spaventati silenzi e non cedere ascoltando le lacrime tra filari di ruggine e spine, cos’erano mai quelle stagioni segnate nei cieli di città che crollavano spezzando le strade e quel volare sui campi arati da ferro, fuoco, e sterilità per seminare giorni senza futuro”) scritta con Francesco Giunta è una cartolina storica dell’Europa che apre intensamente il disco, con un tappeto soffuso di harmonium e una voce femminile a fare da controcanto. “Il lupo non verrà” (“Tra queste stelle abbottonate al cielo, quella della fortuna brillerà, se tutto quello che ti posso dare è la ricchezza della povertà, i fuochi della sera, i canti e il vino, riscaldarono il campo per un po’, presero il volo i sogni del bambino, la notte allora al buio rinunciò, io prenderò le stelle con le mani, una per una le raccoglierò, camminerò i paesi più lontani, anche se il loro nome non lo so”) è una delicata ninna nanna in un campo nomadi scritta per un film documentario di Ludovica Fales, vestita di pianoforte, chitarra e delle suggestive note dell’organetto di Alessandro D’Alessandro.

“L’orso e la stella” (“Mia madre era forse la stella più bella mai vista brillare nel cielo, nel ricamo dei fuochi dorati cuciti nel blu, anche io con le altre seguivo un immobile volo, ma volevo cambiare orizzonte guardare più giù, io volevo sognare più forte sognare di più, io volevo sognare più forte sognare di più”) è una piccola favola sulla forza dall’amore, più ritmata sempre intrecciando bene il pianoforte con la chitarra acustica: ” Il dolore del mondo” (“Sono nato in un letto di paglia, figlio di un falegname, per combattere con la parola l’ignoranza e la fame, inchiodato al destino di un dio condannato alla croce, mentre tutto il dolore del mondo mi spezzava la voce, ho gridato alle stelle del cielo per chiedere aiuto, e ho lanciato preghiere e bestemmie contro un dio ch’era muto e ho sognato di essere libero di essere un uomo e ho imparato il dolore del mondo, ho imparato il perdono”) racconta il dolore e le sofferenze dell’uomo nel corso della storia con un testo incisivo e un largo uso di voci. “Ma quanto è bella Napoli” (“Ma quanto è bella Napoli quando si affaccia al sole, resuscita i pensieri e scongela le parole, le sue commedie tragiche, le sue contraddizioni, Napoli modernissima, Napoli dei Borboni, ma quanto è bella Napoli se la vuoi corteggiare è tenera e struggente baciandola dal mare, è una catena magica che non è mai finita, è un canto popolare che tocca la tua vita”) è una dichiarazione d’amore a questa città affascinante, ricamata dalla chitarra classica di Michele Ascolese. C’è posto anche per una nuova versione di ” Lella ” in una vesta più dark e ispirata con un’efficace innesto di archi. “L’apertura della caccia” ( “Mi ritorna in mente un altro tempo un’altra storia un’altra razza e chi faceva dal balcone certi discorsi sulla razza e non vorrei dimenticare quante persone in quella piazza per ascoltare ad occhi chiusi quei bei discorsi sulla razza, spara a quei passi sulla strada a quelle ombre nella stanza, avrà perduto la ragione ed avrà vinto l’ignoranza”) è una pungente critica a un certo populismo, sviluppata tra bossa nova e suoni tex mex con la tromba di Francesco Fratini. “Lettera dall’inferno” (“Madre non so più ridere, non so più camminare, sono così difficili le regole del mare, il mare mangia gli uomini io non lo conoscevo, il mare mangia gli uomini e poi diventa nero e gli uomini diventano più piccoli nel mare , più di una sola briciola di un grano del suo sale, io sogno di essere libero come la pioggia e il vento, libero come l’anima di questo sentimento”) è una ballata dedicata a tutti i migranti di ogni epoca e alla figura della madre come ancora di salvezza, impreziosita dalla chitarra di Reno Brandoni,

“Nel mio cuore” (“Ho sette anni e il cielo è tutto mio, mi abbraccia forte con il suo colore, ma quando chiudo gli occhi e volo allora sono io a farlo prigioniero nel mio cuore, mi chiamo Luca e ancora non lo se fare l’ingegnere o il calciatore, ma quello che sarà domani, quello che vivrò, è scritto tutto quanto nel mio cuore”) è una serie di pensieri che vengono dall’anima ancora pulita dei bambini: anche qui l’intreccio delle chitarre classiche con gli archi è strutturato benissimo. “Cuore selvatico” (“Se il temporale è così violento che può distruggere le bandiere e la tristezza della domenica è un aeroplano senza le ali, vola in un cielo sintetico, in mezzo a nuvole ornamentali, cerchi un accordo balsamico che ti protegga dalla bufera, un aeroporto improbabile in mezzo all’isola che non c’era”) invece vede in primo piano la chitarra fingerpicking di Giovanni Pelosi, che firma anche la canzone. ” Le strade d’Europa” (“E la strada che farò non sarà soltanto mia e l’Europa che vedrò non è solo geografia, parleremo nelle lingue d’Europa con le nostre parole italiane, come fosse un’attesa d’amore incontrarsi e dividere il pane e la strada che farò non sarà per andar via e L’Europa che vedrò non è solo fantasia”) è un affresco per un’Europa ideale e solidale, scritta a quattro mani con Giunta, “Biancaneve farà un po’ tardi” (“Biancaneve non ha più storie questa sera, più leggere di una carezza, di una piccola malinconia, la memoria di un giorno contro il tempo che verrà”) chiude idealmente il disco, con un bel solo di chitarra acustica e il suono caldo del violoncello. Ci troviamo davanti a un lavoro di alto livello, De Angelis ha curato meticolosamente i testi che sono, ispirati, ricercati e diretti nello stesso tempo, toccando tematiche attualissime, viste in maniera originale, senza cadere mai nella retorica. Dal punto di vista musicale è suonato benissimo, vestito di classe ed eleganza. E poi c’è la sua voce, quella pasta così bella, unica, che con gli anni si è fatta sempre più calda, pronta a scalfirti ogni singola piega dell’anima. Il ritorno necessario di un maestro, con un disco che aiuta a farci sentire migliori, una goccia di speranza in questi tempi difficili, un tassello significativo nella storia della canzone d’autore italiana .

Tracce

Prima d’essere l’Europa

Il lupo non verrà

L’orso e la stella

Il dolore del mondo

Ma quanto è bella Napoli

Lella

L’apertura della caccia

Lettera dall’inferno

Nel mio cuore

Cuore selvatico

Le strade d’Europa

Biancaneve farà un po’ tardi

Come nascono titolo e idea di fondo che attraversa questo nuovo disco?

Questa domanda prevede una doppia risposta. Il titolo è stato prelevato da un verso dell’inciso de L’Orso e la Stella, una canzone dell’album. In senso più lato segnala e significa un desiderio di sognare ancora, e di sognare più forte, perché a volte la forza dei sogni può superare i disagi di una difficile realtà.

È un lavoro dove ci sono testi molto forti (penso ad esempio ” Prima d’essere Europa”, “Il dolore del mondo” o “L’apertura della caccia) alternati a momenti di grande dolcezza, sono stati d’animo che convivono nelle tue canzoni?

Vorrei ricordare l’insegnamento fondamentale di Charlie Chaplin: un sorriso alternato a una lacrima. E’ così che si presenta la realtà del mondo, della storia; l’amore confina con il dolore, la serenità con l’angoscia, la pace con la guerra. Non ho mai amato le finzioni, le canzoni zuccherose, quelle politiche di parte. Però amo scrivere canzoni nelle quali l’impegno sia sempre evidente, compreso quello dell’amore. Canzoni che – penso – possano servire a qualcosa e a qualcuno.

Come hai scelto i musicisti e i tantissimi ospiti che partecipano a questo lavoro?

Tantissimi, sì! Si sono sommati molti musicisti dei quali da anni non posso fare a meno, ma stavolta ho cambiato … il cocchiere! Mi sono affidato, chiavi in mano, a un giovanissimo musicista, studente di una importante scuola superiore di musica di Roma, il Saint Louis, il quale ha “importato” nel lavoro una serie di suoi compagni di scuola, oltre a un’ampia ventata di aria fresca, di diversità. Sono rimasto molto sorpreso e soddisfatto dal lavoro di questo “cucciolo”, Alberto Laruccia. Una scommessa vinta!

Come è cambiato in questi anni il mondo della musica d’autore?

Direi che è quasi irriconoscibile. Mi conforta il pensiero che sopravvivano, accanto a noi “anziani”, dei “giovanotti” (anche se un po’ ex giovanotti) come Dario Brunori, che vince i premi annuali “indie” scrivendo (molto bene) canzoni a metà tra De Gregori e Dalla

Ha pubblicato oltre venti dischi, ce ne è uno in particolare a cui è particolarmente legato?

Direi senza dubbi che dal 2008, con Historias, è iniziata una seconda parte, molto più soddisfacente, della mia carriera, proseguita con Sale di Sicilia nel 2011, Non ammazzate Anna nel 2014, Il Cantautore necessario nel 2017. P oi ancora un salto in avanti con Nuove Canzoni nel 2018 e questo, Io volevo sognare più forte, appena uscito, e quindi … il migliore!

Marco Sonaglia

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