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Sono rimasto sorpreso dall’ultimo album di Brian McKnight. Nonostante la voce vellutata e ben curata siano ancora il suo marchio di fabbrica, tutto il resto sembra essersi fermato agli anni novanta, quando con il suo album d’esordio aveva saputo farsi notare dal grande pubblico. Era il 1992 e dopo oltre venti anni pur non trascurando la solita cura maniacale della voce e dei suoni, in “More than words” manca lo spunto nuovo e originale che sarebbe lecito attendersi da un artista della sua statura.
Tutto ciò è evidente dalla prima traccia “Don’t stop”, che fonde il funk in stile basso slap, tanto caro a Stanley Clarke, con le tastiere che riportano alla memoria George Duke, su un tappeto sonoro frenetico. Nonostante ciò per cogliere la vera essenza del lavoro voluto da McKnight sono necessari diversi ascolti. All’inizio tutto sembra troppo stantìo. Da uno come lui è lecito attendersi di più.
La conferma arriva subito dopo con “Letsomebodyluvyu”, in cui per certi tratti sembra di essere al cospetto di un brano di Michael McDonald.
McKnight deve aver ascoltato molta musica dopo aver dato alle stampe “Just me”, suo album del 2011. Troppi richiami, tate influenze. Una certezza cui non ci si può sottrarre quando le note di “Get u 2 stay” ci riconducono sulle strade percorse dagli Steely Dan e il cui intro ricorda in maniera impressionante “Deacon blues”, uno dei brani più famosi della band di Donald Fagen e Walter Becker.
Stessa cosa dicasi per “She doesn’t know”, che sembra essere uscita dalla penna di Daryl Hall e Joahn Oates.
Nonostante tutto non mancano le McKnight mantiene sempre il suo timbro retro, ma convince maggiormente con l’elegante “4th of July”, che si distingue per il ritornello ripetuto e accattivante.
Per ritrovare però il vero Brian McKnight bisogna arrivare alla traccia numero otto. “Livewithoutyou” e “Trying not to fall asleep” forse non saranno annoverati tra i classici che il soul singer affiderà alla storia ma ci arrivano vicino. Sicuramente saranno tra i brani più amati dai suoi fans.
Accanto a Brian McKnight, Brian, jr. e Niko consolidano la tradizione che vede i figli lanciati dal genitore, agevolandone la carriera. Nessun segno viene lasciato da questa collaborazione, eccezion fatta per la coda jazzy di “Ididntreallymeantoturnuout” che lascia ben sperare.
Esiste anche una versione deluxe di “More than words”. Non più di un brano extra per avere una visione più completa dell’ultimo lavoro di Brian McKnight, ovvero “Good love”, che si allinea al resto dell’album. Dimostra ancora una volta che il falsetto di McKnight è impeccabile e la musica a tratti conferma la qualità di un cantante e compositore che negli ultimi lavori sembra aver smarrito la propria vena creativa.
“More than words” comunque è un passo avanti rispetto ai deludenti “Evolution of a man” e “Just me”, i due album precedenti, e se McKnight darà una impronta migliore al suo stile, dedicandosi maggiormente alla produzione, ritroveremo il soul man che tutti conosciamo.
Giuseppe Panella
Traclist Don't Stop Letsomebodyluvu 4th of July Sweeter She Doesn't Know More Than Words Nothing But a Thang Livewithoutyou Made for Love Get U 2 Stay Slow Another Trying Not to Fall Asleep Ididntreallymeantoturnuout" (featuring Brian McKnight Jr.) The Front, The Back, The Side" (featuring Niko McKnight)