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Leyla McCalla – Festival dal Mississippi Al Po, Fiorenzuola D’Arda, 18 Luglio 2021

19 luglio 2021 by pdb in Concerti, Recensioni

www.leylamccalla.com
www.festivaldalmississippialpo.com

Foto  (c) “Rev.” Gianfranco Skala

Continua senza incertezze da diciassette edizioni il festival Dal Mississippi al Po, così battezzato dalla nascita. L’unica variazione è stata per il luogo, non più la città di Piacenza, ma i suoi dintorni, per la precisione Fiorenzuola D’Arda, da cinque anni. Per il resto, avanti con convinzione nella variegata e stimolante proposta fra musica, presentazione di libri, incontri, dibattiti, con personaggi internazionali di primo piano, e con una porta sempre aperta per realtà musicali e non solo, italiane. In un quadro del genere, non poteva mancare una figura come Leyla McCalla, già in cima alle scala delle più interessanti nuove generazioni, per un intrigante melting pot stilistico figlio anche di sue congiunture di vita. E’ nata a New York, i suoi genitori sono di Haiti, da adolescente ha vissuto in Ghana e da un decennio vive a New Orleans. E’ una artista predestinata, solo trentenne ha già dei crediti di alto valore, ha fatto parte del combo dei Carolina Chocolate Drops dove fra gli altri c’era Rhiannon Giddens, successivamente ha iniziato una carriera solista battezzata con il disco, Vari-Colored Songs: A Tribute To Langston Highes, a cui ne seguirono altri due, e nel 2019 ha fatto parte di quell’ottima realizzazione discografica, Songs Of Our Native Daughters, che riunisce quattro artiste femminili: lei, ancora Rhiannon Giddens, Amythyst Kiah e Allison Russel. Un disco imperdibile. Ora, idealmente, il festival, e in questo caso la McCalla, si sono presi per mano per ricominciare a vivere artisticamente parlando, in un momento molto buio dell’esistenza umana.

Leyla McCalla è dunque ritornata in Italia per un mini tour, accompagnata dal suo combo di tre musicisti, con batteria, contrabbasso/basso e chitarra elettrica. Il suo ultimo disco è di due anni fa, il pregevole Capitalist Blues, dove ancora una volta mette in evidenza le tante e crescenti disparità sociopolitiche, la spiritualità, le ignobili menzogne circa le guerre, “bombs are falling in the name of peace”, ed altre riflessioni. E’ una musicista, anzi polistrumentista, banjo, chitarre, violoncello e canto, diretta e senza fronzoli, ma non è ruvida e spigolosa, ha un suo fascino, una sobrietà accattivante, e malgrado i temi forti di alcuni suoi testi, il concerto ha sempre avuto toni pacati (è una sua indole), ma con una intensità a tratti evidente, come se avesse voluto anche rispettare il luogo dove suonava, sul sagrato della chiesa di piazza Molinari diventato palco per il festival. Ha cantato con disinvoltura sia in inglese che in francese, e il suo melting pot stilistico non ha forzature, è molto naturale, formato da rigagnoli del variegato mondo sonoro di New Orleans, ritmi della tradizione haitiana, cajun, folk, ballate, cenni di blues. Nell’arco di poco più di un ora, ha eseguito principalmente pezzi da Capital Blues; la title tracks, Money Is King, Lavi Vye Neg, Aleppo, dal primo disco tributo al poeta Langston Hughes; Heart Of Gold, Mesi Bondye, dal secondo disco la significativa, A Day For The Hunter A Day For The Prey, finendo con due standard, la creola Eh La Bas e da New Orleans, Iko Iko. L’apprezzamento del pubblico per il concerto lo si è misurato anche con dell’assembramento davanti al banchetto dove c’era in vendita qualche suo disco e lei che li firmava e scambiava qualche parola.

Silvano Brambilla

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