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Oratoire St Antoine e Cathédrale St Jean Baptiste, Calvi
foto (c) Silvio Siciliano
14 settembre
L’Oratoire St Antoine ha ospitato uno spettacolo tra musica e poesia: un incontro che si è mosso tra la letteratura russa e quella francese con innesti di lingua bretone. Quest’ultima è stata protagonista con la voce di Annie Ebrel (che utilizza talvolta i piedi sul palco come strumento a percussione) affiancata dal contrabbasso di Hèlène Labarriere. Anzi è proprio il suono di Labarriere ad aprire gli orizzonti di Avril, titolo scelto per il progetto con l’idea di simboleggiare una ragazza che guarda dalla finestra il passare dei giorni in quel mese. La solista e compositrice mostra effetti sonori inconsueti (come le corde battute dalle bacchette da percussione), ritmi differenziati che provengono dalla musica popolare e dal jazz. I canti scelti da Ebrel descrivono invece quanto la Bretagna sia imparentata con il mondo celtico delle Isole Britanniche. Il lato musicale ha lasciato spesso spazio ai due lettori André Markovicz (che ha letto in russo e francese brani di Cechov) e Françoise Morvan che ha recitato liriche scritte da lei stessa.
Siamo abituati ad ascoltare Piers Faccini come un cantautore dallo stile tipicamente anglosassone. Invece la sua storia è molto più complessa con almeno tre culture (italiana, inglese e francese) a essere ben presenti nel suo mondo musicale. Shapes of the fall è un album che racchiude più dei precedenti questa complessità. Il tema scelto e portato in concerto, il nostro pianeta minacciato dalla crisi globale, viene espresso in una ricerca delle radici di Oltralpe e Oltremanica con un viaggio di andata e ritorno, Ecco perché accanto a brani dall’anima blues e del folk acustico britannico, ci sono quelli che portano l’ascoltatore nel bacino del Mediterraneo, sulle sponde arabe e turche e ovviamente anche quelle italiane. Il sud è rappresentato da un canto salentino, posto all’inizio della serata, e dalla classica Tarantella del Gargano. La lingua scelta è però l’inglese che è supportata da uno stile chitarristico che imita altri strumenti a corda pizzicata. Accompagnato dall’ottima violoncellista Juliette Serrad ha quindi salutato il pubblico con la bluesy Runaway Back Home, perfetta anche come titolo per concludere il viaggio (qui l’intervista).
15 settembre 2021
Giovane e dall’espressione sempre allegra e positiva nei confronti del pubblico, la cantante-violoncellista Ana Carla Maza ha una doppia formazione. Una sudamericana (nata a cuba da padre cileno e madre cubana) e una europea (il padre si era rifugiato in Francia per sfuggire alla dittatura di Pinochet, e Ana Carla ha raggiunto il paese transalpino per gli studi superiori). Entrambe convivono nella sua proposta musicale: non c’è solo Cuba, con il quartiere di Avana Bahia che dà il titolo al concerto, ma l’intero continente centro e sudamericano. Inoltre non c’è solo il gusto della canzone, tipicamente francese, ma anche momenti jazz. Maza punta sulla verve, sulla presenza scenica, sull’energia che spinge l’aspetto tecnico. E’ quasi una necessità, essendo da sola sul palco e dovendo catturare l’attenzione del pubblico. Il successo è stato pieno e lo spettacolo estremamente interessante: alla prossima occasione ci attendiamo di cogliere un maggior numero di sfumature (specialmente nella parte strumentale) che accarezzino l’ascolto.
Dopo la proposta al Ravenna Festival, A Filetta e l’ensemble Conductus diretto da Marcello Fera hanno presentato Archincanto, un incontro fra la musica colta e il mondo della polifonia còrsa. Nella prima si va da brani contemporanei al recupero delle variazioni sulla Follia (presentata però con dissonanze tipicamente attuali), nell’altra si presentano pezzi sacri e profani tipici della tradizione dell’isola. Ne è venuto fuori un repertorio dove la creatività (di Fera, di Jean-Claude Acquaviva de A Filetta e di Bruno Coulais) è andata alla ricerca di linguaggi melodico armonici che usano il sistema tonale come base di partenza per esperimenti mai fine a se stessi. Inoltre la vocalità tiene sempre conto della fusione tra linguaggio sacro e profano proprie della tradizione popolare. Brani come Rex tremendae, U furore e Benedictus ne sono stati ottimi esempi, mentre gli strumentisti hanno brillato in pezzi come Cardiophonia composta dallo stesso Fera. La conclusiva Sor aqua dal Cantico delle creature di San Francesco è stata la degna conclusione di un programma fuori dai canoni consueti di classica e folk ma che di entrambe ne ha evidenziato l’anima migliore.
Il jazz di Vincent Peirani alla fisarmonica e François Salque al violoncello ha fatto da base a uno spettacolo singolare chiamato Migrations. Jean Boucault e Johnny Rasse interpretano infatti il canto degli uccelli, non tanto imitato con la voce, ma riprodotto nei suoni autentici degli animali. Forse un esperto avrebbe potuto distinguere le varie specie, data la grande varietà di versi intonati dai due solisti. Che non si sono limitati a eseguirli sul palco ma anche di muoversi da una parte all’altra della cattedrale imitando anche i gesti dei volatili. Parlando di una rappresentazione in buona parte teatrale non ci sono unicamente elementi bucolici ma anche drammatici come l’aquila che uccide il rivale aprendo le ali. In questo caso i due interpreti hanno seguito le linee musicali di un tango interpretato in modo energico da Peirani e Salque, maestri di virtuosismo e improvvisazione, Il fuori programma invece ha stemperato la tensione: i pennuti in questa situazione erano due polli che hanno sottolineato una situazione comica insieme ai musicisti.
16 settembre
Stéphane Casalta è un cantautore di Bastia con l’Italia nel cuore. Spesso viene nella nostra penisola, in particolar modo a Genova e a Perugia per collaborazioni musicali. Proprio dal capoluogo dell’Umbria viene il coro Armoniosoincanto, diretto da Franco Radicchia, che ha affiancato Casalta nel progetto Canti a Lucendiluna, La formazione umbra è specializzata in musica antica, ma è aperta a incontri musicali in ambito popolare e jazz (con Paolo Fresu ha inciso una versione del Laudario di Cortona). A completare il palco la cantante argentina Rosela Libertad e il chitarrista Luca Falomi la cui eccellenza strumentale ha conferito un forte valore aggiunto allo spettacolo. Inoltre la base corale è stata funzionale alle canzoni di Casalta, un musicista che ama la sua terra sapendo guardare oltre, alla ricerca di un proprio linguaggio. Un cantautorato còrso che può essere una realtà importante nel Mediterraneo, imparentandosi con le scuole francese e italiana.
Nel cambio di programma della sera di giovedì, la chitarrista còrsa Sandrine Luigi si è esibita come solista invece che in duo. L’esecutrice ha presentato un programma di 50 minuti circa raccontando se stessa, ma attraverso una terza persona dal nome differente, nella scelta delle proposte musicali insieme al proprio insegnante. Brevi introduzioni fra un brano e un altro eseguiti con una tecnica formidabile e grandi capacità interpretative, come nei Recuerdos de l’Alahmbra di Francisco Tarrega. Infine tre brani originali hanno mostrato anche le sue ottime capacità di scrittura.
La seconda parte è stata poi affidata ai padroni di casa de A Filetta (che nei due concerti serali precedenti hanno fatto un’introduzione di tre brani): la scelta di repertorio è stata tratta da spettacoli dedicati al mito. Giasone e gli Argonauti, Odissea, Caduta di Tebe e Inferno dantesco hanno fornito spunti per brani costruiti con la tecnica della polifonia còrsa in una chiave attuale dove musica, versi ed espressioni teatrali si fondono in creazioni dal grande valore.
Concludiamo con due aspetti legati al festival: le foto di Silvio Siciliano (che sono state pubblicate dal nostro sito anche nelle precedenti occasioni) trasferite su carta e affisse sulle pareti della Cittadella di Calvi. Un modo per simboleggiare il legame della rassegna con il luogo in cui si tiene. La carta non viene fissata in modo impattante con le pareti, destinata così a dissolversi alla prima pioggia. Ma la visione è affascinante e nelle intenzioni di Siciliano c’è quella di realizzare un progetto analogo nella sua città, Napoli, Infine ogni sera esce in edizione limitata e distribuita agli abbonati del festival, La Gazette du Polyphone!, una sorta di contraltare satirico di una manifestazione culturale studiata con cura. Vignettisti e illustratori riempiono le pagine di ritratti e disegni, con battute più o meno dissacranti (il modello de Le Canard Enchainé è piuttosto evidente). Ci fa piacere citare tutti gli autori: Bauer, Philippe Antonetti, Battì, Raskal e Serena Antonetti che riempiono il festival non solo con le illustrazioni, ma anche con la loro presenza non convenzionale e graditissima.
Michele Manzotti
Tagged A Filetta, Ana Carla Maza, Armoniosoincanto, Calvi, Ensemble Conductus, François Salque, Marcello Fera, Piers Faccini, Rencontres de chants polyphoniques, Sandrine Luigi, Stephane Casalta, U svegliu calvese, Vincent Peirani