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Ho sognato pecore elettriche: il nuovo capitolo Pfm

21 ottobre 2021 by pdb in News

www.pfmworld.com

Foto (c) Orazio Truglio 

Le ali progettate da Leonardo da Vinci per un improbabile (allora) volo dell’uomo, ben si addicono all’atmosfera che la PFM, nelle persone di Franz Di Cioccio e Patrick Djivas (unici ormai componenti storici della storica band) volevano ricreare. E in fondo lo stesso scenario del Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo Da Vinci di Milano ha fatto da sfondo al video del singolo Atmospace (diretto da Orazio Truglio): per cui luogo migliore non poteva esserci per la presentazione del nuovo lavoro targato Premiata Forneria Marconi.

L’occasione è data dall’uscita del nuovo lavoro che ha visto riunirsi, dopo sette anni da Emotional tatoos, i due “sopravvissuti” componenti del gruppo (che l’anno scorso ha compiuto 50 anni d’attività). Il doppio album si intitola Ho sognato pecore elettriche / I Dreamed Of Electric Sheep ed è composto da una disco cantato in italiano e uno in inglese; dove quest’ultimo non presenta le traduzioni della primo, ma si avvale dei testi appositamente scritti per il disco da Marva Marrow.

Sono gli stessi due autori che spiegano la sua genesi: “L’album parte dalla citazione “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?” del film Blade Runner, per sviluppare un concept: parlare di come il mondo intorno a noi stia rapidamente cambiando e di come i computer stiano invadendo ogni aspetto della nostra vita”. Appassionati entrambi di fantascienza, hanno voluto prendere spunto dall’opera cinematografica di Ridley Scott (ma anche dal libro di Philip K. Dick, a cui si è ispirata la pellicola) per costruire un concept album incentrato sulla critica all’abuso di tecnologia presente nei nostri tempi.

La visione della PFM pesca a piene mani dal mondo distopico di Dick: “Il protagonista della storia, un uomo normale, teme di non riuscire più a sognare liberamente, perché la realtà stride con la fantasia. Nel mondo della grande corsa i sogni liberatori sono diventati rari, invasi da pecore elettriche. I cyber animali sono creati dal nostro subconscio che ha radici più profonde e pesca in un mondo dove le macchine sono diventate più importanti dell’uomo, il quale si appresta a passare in secondo piano. Da umani a dati il passo è breve: iperconnessi ma più estranei a noi stessi”. E per raccontare tutto questo si affidano a suoni, suggestioni e variazioni tipiche della prog music. Sensazione fortemente presente in tutti i brani, anche se, sia Di Cioccio che Djivas, hanno cercato di smarcarsi durante la conferenza stampa, da un’etichetta così netta; che forse ormai può sembrare datata e troppo abusata per la musica della band.

In fase di presentazione proprio i due musicisti hanno voluto sottolineare due eccezionalità che caratterizzano il lavoro: l’apertura e la chiusura del disco con due brani strumentali. Il primo brano introduce nel mondo distopico sviluppato nei pezzi seguenti; e lo fa attraverso citazioni (più o meno evidenti) di duecento anni di musica: Mozart, Prokof’ev, Stravinskij, e altri ancora. Mentre il disco si chiude con una jam session collettiva che ben sintetizza la libertà espressiva del disco e, come gli stessi musicisti hanno sottolineato, risulta una scelta discografica che poche volte si è vista.

Insieme a Franz Di Cioccio (voce solista e batteria) e Patrick Djivas (basso e tastiere) nel disco suonano: Lucio Fabbri (violino, seconda tastiera, cori), Alessandro Scaglione (tastiere, cori), Marco Sfogli (chitarra, cori), Alberto Bravin (tastiere, chitarra, seconda voce). A loro si sono aggiunti altri due musicisti italiani, Flavio Premoli (Mini Moog) e Luca Zabbini (organo Hammond, piano, Mini Moog), ma soprattutto due ospiti di grande livello: Ian Anderson (al flauto) e Steve Hackett (chitarra elettrica), entrambi nel brano  Il respiro del tempo / Kindred souls.

Riccardo Santangelo

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