(Universal Music Italia)
www.massimozamboni.it
Dopo progetti, collaborazioni musicali, libri e film torna Massimo Zamboni con un nuovo lavoro solista “La mia patria attuale”. Dieci tracce con la produzione di Alessandro “Asso” Stefana (chitarrista di Capossela) che nel disco suona vari strumenti e i fedelissimi Gigi Cavalli Cocchi, Cristiano Roversi, Erik Montanari, Simone Beneventi. In apertura troviamo “Gli altri e il mare” (“Dio è carne e latte per alcuni, un viaggio per milioni è acqua e pane sconosciuti, un giardino di limoni è frutta e grano, un sonno meridiano, un margine di gioia da attraversare, mare sovrano”) sostenuta da un arpeggio di chitarra e da leggere percussioni. “Canto degli sciagurati” (“Povero Cristo dalla testa reclina, non avere un tetto non si chiama libertà, nel lento funerale di ogni cosa viva, non temo ciò che viene, temo che è venuto già”) è una danza-preghiera ostinata dai colori etnici, con una parte finale parlata. Si torna ad atmosfere delicate con la chitarra acustica protagonista in “Ora ancora” (“Ancora, dovremmo tutti vivere in ostaggio, ancora, dovremmo tutti smettere le intese, ancora, sentirci uguali per i torti, ancora sentirci uguali nelle offese”). Chitarre distorte, canto enfatico e innesto di fiati colorano “Italia chi amò” (“Tra l’incognito e il consueto, ogni uomo ha il suo sentiero, che sia scritto o derivato non basta mai”). Gli archi intrecciati alle graffianti chitarre elettriche donano un’atmosfera suggestiva a “Il nemico” (“Dimmi madre lunga e retta via, o solo il fuoco, madre dimmi spegnerà il lamento? Dimmi padre conta più l’onore dell’oro, padre conta più dell’abbondanza?). “Tira ovunque un’aria scomoda” (“Ma verrà il tempo che germina il grano, s’aprirà un solco sui volti infelici, verrà quel tempo e ci sembrerà strano di essere stati l’un l’altro nemici”) gioca tantissimo sull’ironia citando versi di canzoni con un arpeggio fingerpicking che ricorda “L’avvelenata” di Guccini. Un tappeto di Hammond riscalda “Nove ore” (“Buio quando irrompi a mezzogiorno e sbaragli la putredine che scava dentro l’anima e scusa se no trovo le parole per saldare ogni debito di carne che ho con te”) una riuscita ballata rock. “La mia patria attuale” (“Onesta per metà e per metà per male, paese che nel cambio resta uguale”) è scandita dal pianoforte che tesse un’arpeggio ipnotico che crea grande intensità. Gli archi che si intrecciano ai fiati creano un’atmosfera solenne, in “Fermamente collettivamente” (“Conviene compagni forzare a tacere, i sepolcri imbiancati, le acquasantiere, le voci ufficiali, le vie parallele tra le ronde armate e le sagome nere”) con un crescendo di pathos. In chiusura troviamo “Il modo emiliano di portare il pianto” ( “Nulla di ciò che abbiamo conosciuto possiamo confermare e la sirena che chiama dalla fabbrica vuota invitando i pochi ad entrare racconta che non è la danza del dragone nei supermercati cinesi ad aumentare la crisi delle serrande abbassate”) dove la voce declamante ha un sostegno rarefatto di elettronica che apre ad un valzer bandistico e popolare. Zamboni ha fatto un ritratto lucido e spietato del nostro paese, toccando temi attualissimi come il lavoro, i migranti, le malattie, le paranoie, il potere, le illusioni e lo fa senza retorica, senza melassa, con dei testi manifesto, pungenti, ruvidi, forti come l’acciaio, coniugando bene la sua storia musicale (Cccp-Csi) con quella della musica d’autore italiana. Il risultato è un disco necessario e urgente, una serie di cartoline nere di rabbia e disillusione. Zamboni fotografa la realtà come un Robert Capa della canzone e questo può solo che farci piacere.
Marco Sonaglia
Tracklist
Gli altri e il mare
Canto degli sciagurati
Ora ancora
Italia chi amò
Il nemico
Tira ovunque un’aria scomoda
Nove ore
La mia patria attuale
Fermamente collettivamente
Il modo emiliano di portare il pianto
Tagged cantautorato, Massimo Zamboni