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Michele Gazich – Argon

3 marzo 2022 by Michele Manzotti in Dischi, Recensioni

(FonoBisanzio editrice / Ird)
www.michelegazich.it

A tre anni da “Temuto come grido, atteso come canto” torna Michele Gazich con un nuovo disco ispiratissimo. L’Argon è un elemento chimico della tavola periodica e fa parte del gruppo dei gas nobili, però è anche il titolo del primo racconto de “Il sistema periodico” (1975) di Primo Levi, autobiografia attraverso 21 elementi della tavola periodica. Le note strazianti di violino introducono “Argon” (“Inerte, nobile, raro, lavoro in segreto, come le api e i lombrichi, sottoterra o nell’alto dei cieli”) brano dedicato a Primo Levi, che viene ricamato dalla doppia voce di Rita Tekeyan, dalla chitarra classica (Marco “Tibu” Lamberti) e dal bouzouki (Giorgio Cordini). Atmosfera delicata e favolistica, ispirata dalle processioni cerimoniali pasquali in Sardegna per “La maga e lo straniero” (“Al tramonto il mare è in pace, specchia e incontra la montagna, vede Itaca lo Straniero, la Maga vola a filo d’acqua”) dove la voce e il violoncello di Giovanna Famulari fanno da contrappunto al violino e alla voce di Gazich, per un arrangiamento cameristico. Suggestiva nel suo delirio la cover di “Ulisse coperto di sale”, uno dei brani più significativi del connubio Roversi-Dalla, tratta dal disco “Anidride Solforosa” del 1975. Bellissimo l’omaggio all’anziano poeta Eugenio Montale “Canticchiare aiuta” (“Carico di morte, vissuta a chiuse porte, piccioni e carpe diem, bestemmie e becchime, il poeta corteggia la sua fine”) dove un tappeto di pianoforte viene arricchito dal violino, dalla chitarra classica e ancora dalla voce angelica della Tekeyan. “Il fuoco freddo della luna” (“Spina senza rosa, luna senza notte, porta senza soglia, cielo capovolto, la luna diventa cuore, gli amanti ancora in volo, se questo foglio brucia, la canzone non ha parole”) è un delizioso valzerino per voce e fisarmonica (Vincenzo “Titti” Castrini) che racconta dell’ultimo soggiorno a Roma, dove trovò una tragica fine la poetessa Ingeborg Bachmann. Gazich ci racconta anche un Gabriele D’Annuzio diverso dai soliti cliché dell’uomo forte e virile del fascismo. Ne “Il Vittoriale brucia” (“Ma la mia penna bestemmia l’ignoranza del tiranno, l’ignoranza di tutti i tiranni, che uccidono i poeti, che rinchiudono i poeti”) troviamo il poeta prioginiero e sedato, controllato a vista dal regime come personaggio pericoloso. L’atmosfera musicale è più corposa, sostenuta dal basso (Paolo Costola), dalla batteria e dalle percussioni (Alberto Pavesi) e con una parte in abruzzese cantata dalla cantaurice Lara Molino. Si parla ancora di letteratura in “Fiume circolare” (” La vita può cambiare, o inganno dei mortali! Con un gesto, un azzardo, un ridere a lacrime, con un pigno bastardo, un piangere invano o un figlio pazzo che prega di notte il sole riflesso da una lama di coltello, una corda slegata è una corda legata”) avvolta dal pianoforte, dalla fisarmonica, dalla seconda voce e ispirata da una dedica che il poeta francese Jean Flaminen ha lasciato a Gazich. La chiusura del disco è affidata a “Lettera a Claudio” (“Ci hanno invitati al funerale dell’utopia, ma tu eri morto e non ti hanno trovato, ci hanno dato una stella e un foglio di via, poeta buono, ci volevi felici, poeta tremendo, tu già lo sapevi”) un commosso omaggio ad uno dei più grandi cantautori italiani: Claudio Lolli. Gazich trova la complicità della chitarra di Paolo Capodacqua (l’anima musicale che ha accompagnato Lolli per tantissimi anni) che si interseca al violino, alla fisarmonica e ad un’altra chitarra classica. Come tradizione nei dischi di Gazich troviamo un corposo libretto con i testi in italiano e in inglese, note, le date e i luoghi dove sono nate le canzoni, una cosa alquanto unica che ci permette benissimo di capire lo spirito viaggiante del cantautore. I colori di questo lavoro sono rosso e nero, quasi una dichiarazione di anarchia. Perchè in fondo Gazich è anarchico, specialmente nel modo di cantare, così lontano da quello tradizionale. Una voce a metà tra il canto e il recitato, ma così espressiva, evocativa, capace di strapparti emozioni, di avvolgere l’ascoltatore in un mondo magico e sognante. Gli arrangiamenti sono sempre suggestivi e vestono elegantemente i testi che trasudano poesia ed autorevolezza. Un disco di Gazich non è fatto solo di canzoni, è ricerca meticolosa, è un’operazione culturale che ci arricchisce ogni volta, che ci fa scoprire la letteratura, la storia, le tradizioni. Lavori come questi risultano senza tempo, visto quanto sono lontani da una realtà così vuota e povera di contenuti. Argon è una dolce carezza, è una terapia per l’anima, è vita.

Marco Sonaglia

Tracce

Argon

La maga e lo straniero

Ulisse coperto di sale

Canticchiare aiuta

Il fuoco freddo della luna

Il Vittoriale brucia

Fiume circolare

Lettera a Claudio

 

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