Assembly Main Hall, 18 agosto 2013
Foto (c) Lee Wilkinson www.lwmultimedia.co.uk
Le note del Canone di Johann Pachelbel fanno da introduzione. La scena è ancora vuota, occupata unicamente da un pianoforte. Poi arriva lui, Rick Wakeman, una vita passata dietro alle tastiere. Si siede al piano e come in un karaoke di lusso, inizia a suonare le sue variazioni sul pezzo per orchestra che è diffuso come base. A 64 anni, Wakeman ha presentato al Fringe di Edimburgo il suo spettacolo solista, alternando ai momenti musicali racconti e aneddoti della sua vita d’artista. Non solo sulla lunga permanenza con gli Yes, ma anche sulla carriera solista e alle numerose collaborazioni. Quanti sanno che il pianoforte e tanta parte della canzone Morning has Broken di Cat Stevens sono suoi? Forse pochi dato che il nome non compare nei crediti di quel brano arrivato in testa alle classifiche. Oppure il numero di dischi con le sue tastiere che supera i 130. Wakeman ammette di dovere molto del successo ai suoi studi di pianoforte classico. La tecnica infatti è tutt’ora perfetta, così come la postura davanti allo strumento, tipica dei concertisti. Poi nella vita è arrivato il rock, con grande disappunto della madre di Wakeman che infatti salutò con gioia l’incisione di dischi per pianoforte solo da parte del figlIo. Agli Yes Wakeman ha dedicato una parte dello spettacolo, principalmente all’amico Jon Anderson che del gruppo è stato il cantante fino a pochi anni fa. And You And I e Wonderous Stories sono stati il suo tributo agli Yes, ma dal suo pianoforte sono anche partite le note di The Dance of a Thousands Lights da Journey Through the Center of the Earth e di Merlin the Magician dall’album dedicato a Re Artù. Oltre che delle variazioni su SeaMonkey on the Stich, pezzo per bambini con il quale si esibì in pubblico per la prima volta all’età di 5 anni, e soprattutto del brano finale. Ovvero Eleanor Rigby dei Beatles reinterpretata nello stile di Sergeij Prokovef.
Michele Manzotti
Alcune frasi di Rick Wakeman durante il concerto
“Arrivo nello studio dove ci sono Cat Stevens e il produttore Paul Samwell-Smith. Cat ha una bella canzone, mi dice. E’ vero, ma dura quaranta secondi. Potresti fare un’introduzione pianistica? E io la butto giù. Bellissima, mi viene detto, perché non pensi anche a un finale? Eccolo qui. Bello, molto bello. Dato che ci sei perché non costruisci un cambio di tonalità? Serviti. Così nasce Morning Has Broken. Non vengo messo nei crediti, non mi viene riconosciuto un penny per la composizione. In compenso vengo pagato la bellezza di nove sterline per la sessione in studio”.
“Ho passato tanti anni della mia vita con gli Yes e sono rimasto molto amico del cantante Jon Anderson. Un uomo la cui caratteristica è stata la straordinaria voce da contralto. Ma è anche una persona fuori dal comune. Penso sia l’unica persona che voglia salvare la Terra dato che vive su un pianeta tutto suo”.
“Jon ama molto dipingere. Ma anche in questo caso ho notato qualcosa di strano. Era ospite in casa mia e stava dipingendo in terrazza. Lo raggiungo e mi dice entusiasta: Rick, vedi com’è bello quel paesaggio? E si mette ai pennelli. Vedi quella casa? E continua a lavorare. Hai visto il colore del cielo? E di nuovo a impegnarsi sulla tela. Mi avvicino per vedere il quadro e scopro che aveva dipinto solo un fiore enorme!”
“Mia madre ha fatto tanto perché studiassi musica e le sono grato. Non ha però mai accettato il fatto che suonassi rock e solo quando ho inciso due dischi di pianoforte solo si è addolcita. Stavo preparando a Londra un musical imponente basato sui romanzi di Orwell, con Tim Rice autore dei testi e Chaka Khan protagonista. Squilla il telefono e mia madre dice: Richard, so che sei a Londra a suonare, verrei insieme a dodici tra parenti e amici per ascoltarti. Ma guarda che non è un concerto di pianoforte. Come non è un concerto di pianoforte? E’ un musical, con un grande impianto, due batterie, chitarre, cantanti. Quindi non è un concerto di pianoforte? No, mamma! Richard, ma non puoi cambiare?”
“Manca poco all’inizio del musical e il tour manager mi dice ridendo: c’è tua madre qua fuori con dodici persone. Esco e me le presenta tutte ad una ad una. A fine concerto il manager torna e con tono ancora più divertito dice: c’è di nuovo tua madre qui con dodici persone. E una per una mi hanno detto cosa era piaciuto di più a ciascuno di loro del musical”.
“Da un po’ di tempo mi chiamano per i Countdown concert, le esibizioni fatte prima della mezzanotte del 31 dicembre. Le faccio volentieri anche si incontrano persone di tutti i tipi. Una signora ad esempio mi dice. Bravo. Grazie, le rispondo. Mi è piaciuto come suona, anche se non ho ben capito che musica fa, è tanto che suona? E’ il mio lavoro. Ha inciso qualche disco? Solo 136, signora. Oh, capisco, li ha venduti tutti?”
“Stavo firmando autografi dopo uno di questi concerti con le persone ordinatamente in fila. A un certo punto si presentano una giovane ragazza con la madre. Dai mamma, diglielo. No, mi vergogno. Allora lo dico io. E rivolta a me, lo sa Mr.Wakeman che mia madre è venuta a un concerto degli Yes 20 anni fa? Bene (e sospiro)! Le è piaciuto tanto che avrebbe una richiesta particolare. Mi dica (e sospiro ancora)! Vorrebbe un suo autografo sullo slip. Qui?! Non faccio in tempo a dirlo che la signora si apre un po’ i pantaloni e con il pennarello firmo tentando di guardare altrove. Nella fila intanto era sceso un silenzio di gelo che fu rotto solo da una signora anziana che diceva all’amica: Non dovremo anche noi fare quello, spero?”
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