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Recensioni

Ketil Bjørnstad – La Notte

8 settembre 2013 by Michele Manzotti in Dischi, Recensioni

(Ecm/Ducale)
 www.ecmrecords.com
 www.ketilbjornstad.com

L‘incontro tra jazz e cinema è stato fonte di ispirazione per molti musicisti. In questo caso però non ci troviamo di fronte a una colonna sonora, ma a una composizione che prende spunto da un lavoro cinematografico. Commissionato dal Molde International Jazz Festival e registrato live durante la stessa rassegna nel 2010, La notte è un omaggio al regista Michelangelo Antonioni, considerato dal pianista e compositore norvegese Ketil Bjørnstad come una delle sue influenze formative. “Nello stesso periodo in cui ho scoperto cosa potesse essere il jazz, dopo aver sentito In A Silent Way di Davis, ho visto i film di Godard, Bresson e Antonioni – ha raccontato Bjørnstad -. Forse era la forza lenta e ritmica nei film di Antonioni che mi ha fatto pensare alla musica. Come le arti visive creano musica nelle nostre menti, la musica crea immagini ed espressioni visive con la stessa intensità, le due sono fortemente e profondamente interconnesse”. Per descrivere a modo suo la pellicola del 1961 che aveva tra i suoi protagonisti Jeanne Moreau, Monica Vitti e Marcello Mastroianni (e le musiche di Giorgio Gaslini),  Bjørnstad ha pensato ad un gruppo norvegese-danese-tedesco-inglese con Andy Sheppard ai sax tenore e soprano, Eivind Aarset alle chitarre, Anja Lechner al violoncello, Arild Andersen al contrabbasso e Marilyn Mazur alle percussioni. Compositore di formazione classica, Bjørnstad ha collaborato presto con musicisti rock e jazz, oltre ad aver scritto musica per film, in particolare per Jean Luc Godard. Il linguaggio de La Notte, suddiviso in otto movimenti, è quasi conseguente. Una base jazz molto solida evidenziata dai sax di Sheppard, uno sguardo verso il novecento contemporaneo impersonata in particolar modo dal violoncello di Lechner e un’atmosfera raffinata con accenti francesi e uno sguardo all’italianità di Antonioni. Con il pianoforte di  Bjørnstad che lega un movimento all’altro talvolta indugiando un po’ troppo sulla tastiera stessa. Di grande suggestione invece le parti di insieme, per un lavoro che si può ascoltare dall’inizio alla fine.

Michele Manzotti

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