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Francesco De Gregori, Ezio Guaitamacchi e Claudio Fabi (c) Pressphoto Firenze
Un campus per crescere, per imparare, per cogliere una delle occasioni formative più importanti per un musicista, ovvero quella di confrontarsi con le storie e le esperienze di chi ha precedentemente già fatto lo stesso percorso. Questo è ciò che offre Campus della Musica, iniziativa promossa dall’omonima associazione che ha per presidente Claudio Fabi, musicista e discografico, già produttore di band come la PFM e direttore artistico dell’etichetta Numero Uno, e per direttrice esecutiva Carmen Fernàndez. Organizzato per session intensive di un’intera giornata, il Campus, dopo l’esordio a Firenze nel settembre 2014, ha fatto la sua seconda tappa al Nuovo Teatro dell’Opera nel capoluogo toscano l’8 dicembre, con una folta schiera di ospiti in cartellone: musicisti come Bandabardò, Manuel Agnelli e Rodrigo D’Erasmo degli Afterhours, Gaetano Curreri degli Stadio e il gran finale con Francesco De Gregori, ma anche professionisti del settore come l’avvocato Giorgio Assumma (esperto in diritto d’autore). Ospiti dell’incontro precedente erano già stati Mara Maionchi, la PFM, Niccolò Fabi, Max Gazzè, Daniele Silvestri e tanti altri. Trasformare i sogni di una folta schiera di giovani aspiranti musicisti in realtà è la sfida ultima di questa iniziativa, che si confronta però con le realtà del nostro tempo, come un mercato discografico cambiato rispetto al passato e le difficoltà, anche economiche, che affliggono il settore dello spettacolo in Italia.
Fabi, De Gregori e Carmen Fernàndez (c) Pressphoto Firenze
Proprio il racconto di un’epoca che non c’è più e il raffronto con il presente è stato parte di uno degli interventi di maggior rilievo di questa edizione del Campus, quello del cantautore Francesco De Gregori. “Quando ho iniziato, alla RCA, i tecnici indossavano il camice bianco per lavorare. Io ho avuto la fortuna di incontrare un discografico illuminato come Vincenzo Micocci. Non so quanti discografici, oggi, lascerebbero ad un artista la libertà di sperimentare per tre o quattro album prima di pubblicarne uno veramente di successo”. De Gregori si è poi divertito a descrivere l’atmosfera dell’RCA dei suoi esordi e di quel bar della casa discografica in cui “si incontravano tutti”, dove anche lui ebbe il piacere di imbattersi nel pianista Arthur Rubinstein. Una visione, la sua, volta ad incentivare nei giovani e attenti partecipanti al campus la creatività e la libertà artistica. “Io ho usato gli strumenti di comunicazione del mio tempo, voi dovete usare quelli del vostro” – ha dichiarato. “La cosa più importante per un artista, però, resta l’autenticità. Scrivete di ciò che sentite e avete nella vostra testa. Non fatevi condizionare dal mercato, non scrivete perché la vostra canzone venga trasmessa alla radio. Se ci riuscirete, sarete tra i pochi che hanno vinto. Ma se la canzone che avete scritto perché fosse suonata alla radio non verrà trasmessa, il che è probabile, vi ritroverete con niente in mano”. Sul fronte personale, invece, è stato particolarmente affascinante il suo ricordo di una delle sue fonti di ispirazione, Fabrizio De Andrè: “De Andrè nei suoi pezzi parlava di prostitute, della Genova vecchia, di argomenti che non si trovavano all’epoca nelle canzoni. Mi fece capire che con le canzoni potevo dire tutto, come un pittore può dipingere qualunque cosa sulla sua tela bianca. Senza De André non avrei mai scritto canzoni, senza Bob Dylan non avrei mai scritto le canzoni che ho scritto”. Da sottolineare anche quanto detto da Gaetano Curreri in un altro incontro. Il cantante e tastierista ha voluto parlare anche di altri aspetti fondamentali per la professione, ricordando innanzitutto come nella sua Bologna esista una scuola importante per gli ingegneri del suono: «Come Stadio – ha poi aggiunto – non abbiamo avuto visibilità solo come gruppo. Ma anche come turnisti di Lucio Dalla, un ruolo talmente importante che abbiamo caratterizzato il suono dei suoi brani».
Blues & Jetta
In chiusura di giornata, il Campus ha dato spazio alle esibizioni dal vivo di una serie di artisti, locali e non, dislocati nei vari angoli della hall del Nuovo Teatro dell’Opera. Un’ottima selezione aperta dal duo 2.0, grintosa accoppiata formata dalla voce di Jole Canelli e dalla chitarra di Leonardo Marcucci. A ruota i giovani pistoiesi Blues &Jetta, dediti a un miscela vincente di blues e funk, e in chiusura l’esplosione swing di Sugarpie & The Candymen, ottimo ensemble che unisce a brani originali l’elaborazione in chiave swing di classici che vanno dai Queen (di cui hanno eseguito Bohemian Rhapsody) ai Beatles (di cui hanno proposto un divertente Medley).
Sugarpie & The Candymen
Prima di congedare i partecipanti e dare loro appuntamento al prossimo Campus, il giornalista e musicista Ezio Guaitamacchi, coordinatore degli incontri nel corso della giornata, ha portato in scena assieme alla cantante Brunella Boschetti la sua “Storia del Rock”, affascinante viaggio tra storie e aneddoti dei grandi della musica, da Bob Dylan a Lou Reed, associati all’interpretazione dal vivo dei loro brani più celebri, quadrando il cerchio di una giornata di musica e approfondimento.
Giulia Nuti
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