Colonia, Germania Ovest. 3 e 4 Marzo 1966. Cinque ex GI americani, uniti dai vizii di un rock & roll deviato da molte pasticche di qualudes che si fanno chiamare The Monks, registrano quello che sarà il loro seminale unico album, Black Monk Time, definito da un discografico dell’epoca “ una forma primitiva di musica Heavy Metal ed Industrial”.
L’influenza dei cinque disadattati negli anni a venire si sarebbe dimostrata essenziale per il versante più abrasivo del garage e del post punk. “Precursori della techno”, “anticipatori del Kraut Rock”, The Monks appartenevano semplicemente alla più cospicua generazione di insoddisfatti dei sessanta, troppo vecchi per il rock & roll troppo giovani per morire hippy.
In trenta minuti e dodici canzoni, i cinque riversarono la loro insoddisfazione latente riproducendola con un suono minimale, essenziale, distorto, irritante.
Come in America The 13th Floor Elevators,The Standells, Chocolate Watch Band e altri minori, The Monks, in una Germania che li vedeva solo come fenomeni, si guardavano intorno e vedevano tutto nero non consci di scrivere uno dei momenti chiave dell‘evoluzione della futura musica pop e rock.
Ernesto de Pascale
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