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Ani di Franco - Saschall, Firenze 30/03/05

Grande successo di pubblico per la cantautrice americana Ani di Franco, che il 30 marzo ha fatto tappa a Firenze calcando il palco del Saschall. In formazione acustica a due, chitarra e voce più contrabbasso, la musicista ha presentato il suo più recente lavoro discografico, “Knuckledown” (Righteous Babe, 2005) Ani ha senza dubbio le carte in regola per far breccia nei cuori di una vasta gamma di pubblico internazionale, e il consenso popolare che sta riscuotendo negli ultimi tempi sembra esserne prova. Sul palco però, a parte la sua grande carica di energia, è parsa un po’ troppo nervosa e dalle maniere troppo forti. È vero che la musicista tiene fede alla sua personalità indipendente ed allo stile e all’approccio alla musica che le hanno portato fino ad oggi fortuna , ma ci sarebbe piaciuto vederla muoversi sul palco con un po’ più di delicatezza e raffinatezza. Bel carisma e attitudine cool invece per il bravo contrabbassista che la accompagna, Todd Sickafoose, del quale ci avrebbe fatto piacere poter avere materiale discografico nuovo tra le mani per potergli dedicare un po’ più di spazio. Il pubblico è uscito entusiasta dal concerto di Ani e forse sarà anche disposto – cosa rara al giorno d’oggi – a spendere soldi per comprare l’album, ma forse più che sulla quantità dovremmo riflettere sulla tipologia di pubblico a cui la Di Franco si rivolge. Una buona fetta dei presenti erano infatti stranieri, per lo più studenti americani, venuti al concerto con la birra in mano più per folklore e per trovare uno spicchio del loro paese anche qui che per reale interesse musicale. Un po’ come a un fast food, dove passi, consumi e te ne vai. La sensazione è quella che Ani di Franco attragga a se un pubblico che le assomiglia, con un’attitudine che almeno in parte riflette quella della cantautrice così come la abbiamo vista sul palco. Concerto gettonato quindi, ma si ha la sensazione che la proposta di Ani di Franco resti qualcosa di fondamentalmente lontano dalla sensibilità italiana, almeno per quanto riguarda quel settore di pubblico – l’unico, ahimè, che in Italia investe ancora nella musica – a cui parlando di musica piace scendere un po’ più in profondità.

Giulia Nuti



La recensione di Michele Manzotti

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