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Ernesto de Pascale intervista Warren Haynes

Per essere un quarantenne perennemente sulla strada Warren Haynes è in splendida forma con centocinquanta date dei suoi “Gov’t Mule sulle spalle e le varie collaborazioni – dai Geateful Dead al trio con Ronnie Jordan e Dj Logic – a fare da contorno. Come una band senza un vero progetto discografico sia potuta passare dall’anonimato ad esibirsi davanti a ottantamila persone ha solo a prima vista del miracoloso perché è lo stesso Warren a raccontarci la storia solo un’ora prima del loro debutto in Italia.
“Dopo alcuni anni con gli Allman Brothers – Warren entrò a far parte dello storico gruppo della Georgia per le celebrazioni dei vent’anni del gruppo, nel 1989 – era abbastanza chiaro il metodo di lavoro di Dicky Betts e Gregg Allaman: un tour ogni due anni di non più di 50 date e un disco. Insieme a Allan Woody (il bassista fondatore dei Gov’t Mule prematuramente scomparso nel 1999 e anche lui membro degli ABB) dopo mille e duecento date prima degli Allman e il lavoro con loro avevamo iniziato a sviluppare un interplay che andava altrove. Volevamo entrambi mettere insieme una band in cui l’idea dell’improvvisazione fosse ad appannaggio di tutti. Per essere più chiari, non un solista – come poteva essere Stevie Ray Vaughana, per citare un solista eccellente – con una sezione ritmica alle spalle che lo seguiva, ma una vera e propria unità che lavorasse a 360 gradi”.
Gli inizi dei Gov’t Mul, 1995, sono subito sotto il buon auspicio e l’idea di una formazione in tono minore si concretizza in ben altra cosa.
“ Volevamo iniziare con un disco fatto soprattutto per noi, come uno “studio” sulle nostre reali capacità di mettere in pratica ciò che ci stavamo dicendo ma le opportunità ci permisero invece di partire subito con una marcia in più Allan ed io volammo fino in California per portarci a casa con noi Matt, il batterista che desideravamo per questo trio potente e di ricerca”.


Ecco allora l’album d’esordio dei Gov’T Mule, un disco intenso e a tratti oscuro in cui prevale un grande amore per il rock inglese fra i sessanta e i settanta.
“Ho sempre amato la musica “oscura”, il lato oscuro delle canzoni – confessa – e autori come Johnny Cash mi hanno sempre incuriosito e ispirato. Parallelamente c’era per noi questo grande rispetto e amore verso la musica che avevamo ascoltato quando eravamo dei ragazzi, “kids” come tanti altri che sognavano sulle copertine dei dischi con le cuffie o l’impianto stereo a volume pazzesco non appena i tuoi genitori se ne andavano. Irrimediabilmente si tornava indietro alla musica inglese dei Free, dei led Zeppelin, degli Stones, i Traffic, Mott the Hoople, i Black Sabbath. Iniziammo a suonare quei brani come trampolino di lancio ma sentimmo fin da subito che ci venivano da “americani” e lasciammo che così fosse. Forse l’essenza dei Gov’t Mule è quella: una band di rock americano che si è ispirata al rock inglese che nasceva sulle basi del blues americano. Suona tutto un pò strano, “weird” ma “it makes sense”.
La cosa iniziò presto ad avere un senso forte per Warren, Matt e Allan, senza che i tre lo avessero predetto.
“Corrispose tutto all’ esplosione di altre band come i Phish mentre da poco se ne era andato Jerry Garcia, un evento che aveva scosso la base dei veri fan di musica d’America, quelli in grado di seguirti per centocinquanta date senza perderne una. Nasceva l’esigenza di una area di rappresentazione di un pubblico rimasto sopito per troppo tempo che il mercato non rappresentava. Il grande festival “Boonaroo” è un po’ quello, una Woodstock Nation dove tutto funziona e non ci sono grossi problemi (la visione di Warren è qui molto buonista, diciamolo…ndr)”:
Con l’improvvisa morte di Allan Woody, giunta inaspettata e a ciel sereno per i Gov’t Mule però le cose cambiano drasticamente “…improvvisamente mi ritrovo solo – continua Warren senza mai mostrare un attimo di esitazione nella conversazione – senza il mio miglior amico, un uomo “tuff” con le sue idee, che ti spingeva però a rischiare sempre di più, pieno di argomentazioni da controbattere ma fondamentalmente un coraggioso che non accettava mai per partito preso le istanze altrui obbligandoti ad andare oltre….a quel punto valeva davvero la pena di tentare altre carte e altre strade e con Matt decidemmo per un tastierista che espandesse armonicamente il nostro orizzonte verso altri territori. Danny Louiss era la persona adatta per la band!”.
I Gov’t Mule, anzi, Warren Haynes, inizia così a pensare una musica più sfaccettata ed escono dal cappello magico brani come “Sco- Mule “ o i più recenti “ Slackjaw Jezebel” o “Therazine Shuffle”. Continua Warren
“ Io tendo a pensare come cantante in un modo, in un altro come chitarrista e in altro ancora come autore. Tendo a mantenere ben aperte le ali dell’ispirazione e delle influenze di cui non mi vergogno assolutamente. Non penso siano molti quelli che stiano facendo musica innovativa negli ultimi dieci anni, in compenso sono molti quelli che tentano di fare buona musica…”
Hayens pare porre l’accento qui il ruolo del concerto.
“Senza i concerti Gov’t Mule non sarebbe mai esistito, perfino adesso che le cose vanno in una certo modo, in una certa direzione e la struttura si è ingrandita. Se non mantenevamo una certa consapevolezza nella produzione della nostra avventura dai dischi non avremmo certo avuto il supporto per andare avanti. Andiamo avanti sui concerti, sulla vendita diretta, sul merchandising e sulla spinta dell’affetto dei fan”.
Viene da chiedere a Warren se non ritiene che con la morte di Allan Woody si sia ritrovato solo nelle decisioni (la moglie gestisce un importante management che ha clienti importanti come Living Color, David Byrne ed altri…). Sarà questa l’unica domanda acui Haynes non risponderà immediatamente, restando un po’ interdetto.
“…sicuramente con Allan era un’altra cosa. Attualmente anche l’idea della “Jam” più propriamente detta si è evoluta per Gov’t Mule; io tendo a scrivere con il suono della formazione ben più focalizzato in mente e cerco di portare al gruppo brani che si sviluppino compositivamente con molte sfaccettature e riff (in certi momenti la band sul palco suona come una versione moderna della prima Mahavisnu Orchestra di john Mc Laughlin! n.d.r). Dobbiamo essere comunque grati al pubblico di come stanno andando le cose. Questi ultimi due anni sono stati i più intensi della mia vita musicale. Mi accorgo che il pubblico sta cambiando, ci sono sempre più giovani ai concerti e la richiesta cresce. Riuscire a mettere insieme questa piccola tournée europea( solo otto date di cui tre in Spagna ) è stato complicatissimo. Questa notte, dopo lo show ( durato più di tre ore ) partiamo con gli sleeping bus alla volta di Parigi. Solo l’amore per la musica ti può muovere non certo il mercato….”.
Un uomo e una band in “missione”, insomma?
“Esattamente, una bella missione. Ogni giorno mi sveglio e dedico un minuto a riflettere su che grande fortuna ho avuto nella vita a poter realizzare il mio sogno di suonare la mia musica davanti a un pubblico che mi vuole bene con musicisti meravigliosi. E tutto questo in un mondo così difficile e pieno di cattiverie. Mi sento davvero fortunato. Grazie a tutti, davvero”.

Ernesto de Pascale

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di Ernesto de Pascale

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