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La musica che dà il buon esempio

Soft Works
Auditorium Flog, Firenze 3 febbraio 2004



È passato un po' di tempo da quando i componenti dei Soft Works, facendo scuola per un'intera generazione di musicisti, si imponevano in Inghilterra come i principali esponenti di un vero e proprio filone musicale, il Carterbury Sound. Erano gli anni Settanta e tali musicisti militavano, qualcuno in contemporanea, qualcuno in momenti diversi, nei Soft Machine. Oggi il loro aspetto è più distinto, ma lo spirito e l'amore per la musica sono gli stessi. Tale spirito Firenze dimostra di saperlo accogliere, con un Auditorium Flog affollato non solo di fan ma di buona parte di quei musicisti fiorentini cresciuti ascoltando proprio i dischi dei Soft Machine. La formazione è composta da Hugh Hopper al basso, Elton Dean agli strumenti a fiato, Allan Holdsworth alla chitarra e John Marshall alla batteria. Sul palco appaiono compatti, motivati, incisivi e , soprattutto, mettono in mostra senza veli tutte le loro capacità tecniche di musicisti. Questa è una delle caratteristiche più evidenti nella band, come lo era già in ognuno dei singoli musicisti fin dagli esordi: una totale padronanza delle potenzialità e della timbrica dei propri strumenti. In un periodo della storia della discografia in cui il digitale alza esponenzialmente la soglia di tollerabilità dell'errore, i Soft Works restano fedeli alla filosofia della musica suonata.

Il genere musicale è lo stesso da sempre, un jazz rock dinamico e pieno di improvvisazione da giocarsi molto sul palco. Del resto gli stessi musicisti sono passati indenni attraverso gli anni Ottanta e l'avvento delle drum machines, le batterie elettroniche.
Indenni al punto tale che se qualcuno va ad affrontare con loro la questione rispondono che è John Marshall la loro drum machine! Molti dei brani che propongono sul palco provengono dal loro ultimo album, Abracadabra, disco di ottimo livello, come la title track e Baker's treat. Non rinunciano poi, con massimo plauso dei presenti in sala, ad eseguire brani dei Soft Machine.
Qualcuno fra il pubblico li accompagna cantando, e cantare a memoria i loro pezzi strumentali, vista la difficoltà dell'azione, non può essere che sintomatico di un profondo legame d'affetto nei confronti della band. Dal repertorio dei Soft Machine propongono due brani da quello che la critica recensisce oggi quasi unanimemente come il loro album più significativo, Soft Machine III, ovvero Moon in June e Facelift. Inclusa nel set anche As If. Una scelta musicale come quella dei Soft Works, alla luce dei tempi che vive la discografia attualmente, non è facile da sostenere, neanche con l'autorevolezza. Questo a maggior ragione fa sì che tali musicisti, nell'ambito di un gusto contemporaneo in cui la capacità di improvvisazione viene valorizzata sempre meno, oggi come allora facciano scuola.


Giulia Nuti
(foto E.De Pascale)

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