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Max Meazza West Coast Hotel L’americano d’Italia, intervista a Max Meazza Il titolo West Coast Hotel è una dichiarazione d’amore per una certa area d’America e della musica che rappresenta? “Sì, ma non è snobismo nei confronti del mio paese. Tutt’altro, è perché da quando ero ragazzo ho sentito un certo tipo di musica straniera. Non ho una cultura italiana e questo mi ha portato ad andare avanti e sentire cantautori che provenivano dall’America dell’Ovest. D’altra parte basti pensare come tanti musicisti americani e canadesi si sono poi stabiliti artisticamente in California per respirare meglio una certa aria in anni particolari”. Nel disco ci sono anche ospiti come Tiziana Ghiglioni e Paolo Fresu che con la West Coast Music non hanno a che fare tutti giorni… “Negli anni ’80 quando imperavano le batterie elettroniche e i campionamenti io ho fatto dei dischi dal linguaggio jazz, pur su una base tipicamente rock, collaborando anche con jazzisti, come Tiziano Tononi. Sono musicisti bravissimi, ma non sempre sono adatti alla musica che faccio, specialmente per la ritmica che è vista in modo diverso da chi fa rock. Li devi prendere per dare certi colori. Però è andata bene in questo disco, mi è piaciuta molto l’interpretazione della Ghiglioni in Complicated Life, ma tutti hanno risposto bene”. Dall’ascolto sembra che lei vada però oltre la West Coast prendendo i vari stili americani nella loro interezza, a partire dal Blues. “E’ vero, io vengo dal Blues. Io ho imparato a cantare grazie a Paul Rodgers, andando in Inghilterra ad ascoltare i Free. In questo disco ho voluto chiamare Tolo Marton, che ritengo uno dei più bravi bluesman italiani dato che suona per la muscia e non è un turnista. Poi c’è The Long Goodbye che è un pezzo tipicamente rock. Mi piacciono tanti tipi di musica, basta che siano di livello e realizzati bene”.
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