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Little Feat – On the proud highway to Chiari
Chiari, 30/06/2004
www.littlefeat.com

Per la prima volta in Italia, soddisfacendo l’attesa durata decenni di tutti i fan italiani che dagli anni Settanta li seguono senza posa, è arrivato in Italia uno dei più eccezionali gruppi americani di sempre, i Little Feat. Ad esclusione di Lowell George, storico chitarrista e leader della band, scomparso nel 1979, il gruppo si compone ancora di tutti i membri originali.

Ad accoglierli è Chiari, cittadina della provincia di Brescia raggiungibile da quest’ultima solo dopo faticosi chilometri di strada statale immersi nella pianura padana. E i chilometri diventano ancora più faticosi se si considera che questi signori, ancora in forma come agli esordi ma ormai quasi sessantenni, sono arrivati a Chiari attraversando in verticale l’Italia da Salerno, luogo in cui hanno suonato il giorno precedente. Non solo infatti i Little Feat sono venuti in Italia a pagare un grande tributo alla storia del rock per due sole date, ma per due date consecutive dislocate all’estremo Nord e all’estremo Sud del paese. E come se fosse poco, il grande tastierista Bill Payne, responsabile insieme a George di molte delle composizioni più celebri della band, racconta col sorriso di chi parla di storie da tutti i giorni che da Salerno a Chiari hanno viaggiato in pullman senza posto per dormire. Tutto ciò nella migliore tradizione “on the road” della quale, del resto, non c’è da stupirsi, dal momento che aprendo l’home page del loro sito ufficiale balza agli occhi lo slogan “Little Feat – making music on the proud highway for over 3 decades” . Per essere dei giganti della musica i Little Feat si dimostrano persone serene e disponibili, che nonostante i molti successi già raggiunti e gli anni di esperienza hanno ancora la voglia di cercare il contatto con il pubblico e di mettersi in discussione.

Lo dimostrano sia sul palco che fuori dal palco. Il loro show dal vivo è già stato protagonista sulle pagine de “Il Popolo del Blues” la scorsa estate, 2003, quando Ernesto de Pascale ha recensito un loro concerto a Hyannis. A soli dieci mesi di distanza il loro spettacolo è già, a detta di chi li ha visti, coraggiosamente qualcosa di completamente diverso. Oltre ai membri della prima formazione, i Little Feat si presentano sul palco con Fred Tackett alla chitarra, mandolino e tromba, già con Lowell George e adesso con i Feat a tenere vivo il suo spirito, e con la voce solista di Shaun Murphy. Inutile sottolineare quanto i “nuovi” membri siano all’altezza dei precedenti, con il tocco riconoscibile di Tackett e la tagliente e aggressiva voce della Murphy, che dimostra di conoscere bene i trucchi del mestiere e di saperli mettere in atto con la tecnica maturata in anni di esperienza. Sam Clayton , in ottima forma, dopo una prima mezz’ora di concerto più rilassata in cui si prende il tempo per sintonizzarsi sulla frequenza giusta, si lancia con piglio deciso sulle congas e infiamma il pubblico cantando Spanish Moon.

Lascia stupefatti Kenney Gradney al basso per la sua musicalità e il trasporto con il quale si muove sul palco. I Little Feat ripercorrono con grande confidenza il repertorio del passato, spesso inserendolo in medley e costellandolo di consistenti improvvisazioni dalle quali, grazie all’interplay sul palco, sono in grado di entrare e uscire senza difficoltà. Fra i brani che si “intromettono” nelle storiche composizioni dei Feat troviamo una versione di “Get up, stand up” di Bob Marley e “Dark Star” dei Greatful Dead. Non mancano ovviamente all’appello dei greatest hits “Oh Atlanta”, eseguita da Bill Payne da solo al piano e “Dixie Chicken”. La conclusione , di fronte ad un pubblico ormai inevitabilmente commosso, è affidata a “Willin’”, un dolce momento acustico che ancora porta in primo piano l’infaticabile spirito “on the road” che accompagna la carriera della band.

Giulia Nuti

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