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Canzoni storpiate, cambiate, orchestrali distratti, maestri con le dita nel naso, computer che non partono e se partono salutano e se vanno per sempre. Presentatori alla ricerca di un sorriso, di un gobbo troppo lontano, di un applauso strappato da un direttore di rete al costo d‘imporglielo, di una truccatrice dalle mani meno pesanti, di un riscatto dalla propria noia personale, da uno scontro quasi fisico in sala stampa con il capo struttura. Artisti obbligati,invecchiati, cocchi di mamma, cocchi di papà, cocchi di produttori di fiction, arrivati all’ultima fermata, fermati appena arrivati, drogati dal tubo catodico, incazzati ma col sorriso sulle labbra e la pistola di cioccolata nella fondina, con le cuffie per la piscina dell’hotel ma non quelle per gli ascolti, vestiti mali, pettinati mali, con troppi caffè sulle spalle di un giorno che non c’è. E a tarda notte, giornalisti fasulli alla ricerca di uno spot, di una giustificazione che non esiste più se gli editori da due anni non vogliono parlare con la categoria, giornalisti pronti a tutto la musica - ahimè - non la sanno più ascoltare, giornalisti con tasche piene di ricevute mai pagate, giornalisti esca alla mercè di un conduttore piccolo astioso a tutti i costi, intelligente per partito preso, che non lascia parlare nessuno, esca e non torni più. Sopra di ciò la longa manus di un consiglio d’amministrazione minato dalle contestazioni, dai ricatti degli inserzionisti che dopo il prime time sono sempre più cheap, dal governo, dall’ex governo, dal mal governo, dal non governo, dal governo ombra, dall’ombra del governo. Una azienda orgoglio d’Italia, minata da ciò che ha creato, dai suoi programmi spazzatura tutti in gita premio a San Remo con le solite cose, le solite parole, le solite chiacchere del giorno prima, del giorno dopo. Chiacchere che non arrivano oltre la domenica. Ma la musica? quella nuova, quella decantata, quella sfacciatamente chiamata in causa più volte nel corso della serata e degli ultimi mesi non abita qui. Qui al Teatro Ariston troverete solo milonghe tristi, tanghi, tangacci, valzerini, beguine, habanere, sambe, bossa nova e cha cha cha. Chi ha osato esibirsi con la chitarra elettrica accesa è stato schiaffeggiato, oppure gli hanno staccato la spina. Ai batteristi sono stati dati fiori invece di bacchette. La sensazione è che alla musica italiana non resti che guardare a quei paesi (pochi) per cui noi siamo molto molto di più di un esempio, a quei paesi ai quali la mondo visione non è offerta ma imposta, a quei mercati che credano ancora che qui ci sia qualcosa da dire. Sempre che a quei paesi la nostra musica di San Remo interessi. È notte e nei ristoranti di San Remo si festeggia. Cosa non si sa, ma si festeggia. Gli imbucati sono decine, frotte di imbucati che aspettano un invito sin dalla mattina precedente. Quasi un mestiere. A quel punto vorrà dire che sarai entrato in un meccanismo che ti obbligherà ad essere schiavo di un week end che potevi pur evitarti, benedetto figliolo, benedetta ragazza. Qualcuno ci resterà male e piangerà nel silenzio della sua cameretta, qualcuno dirà fingendo che non aspettava altro. Tutti attenderanno il tour estivo nel Sud d’Italia in pieno rilancio economico. I più fortunati torneranno a San Remo, in pellegrinaggio. Al Premio Tenco. I dimenticati apriranno una agenzia di assicurazione, come i facevano i calciatori negli anni cinquanta. E poi si sente parlare di disoccupazione … Ma l’Italia è povera non c’è più niente da assicurare se non il nostro fottutissimo culo. E lunedì ognuno tornerà nel suo viaggio, ognuno diverso, ognuno in fondo perso dentro i fatti suoi. Ernesto de Pascale Fino a venerdì due marzo pagare il canone Rai comporta una sopratassa di soli 4 euro. Che sia quello il valore del festival? Pro capite? Festival di Sanremo 2007 |
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