The Blues: Intervista a Marc Levin, Richard Pearce e Alex Gibney
di Bernardo Cioci
Martin Scorsese presents the Blues- J.B.Lenoir
di Ernesto De Pascale
Ladies and Gentlemen, here you have The Blues
di Bernardo Cioci
The Blues: Intervista a Marc Levin, Richard Pearce e Alex Gibney
Marc Levin e Richard Pearce sono calmi e rilassati, ben lontani dallimmagine di un Festival del Cinema di Venezia, il sessantesimo, che questanno sembra frenetico e disorganizzato come non mai. Eppure un po di eccitazione non ci starebbe male, con in mano due documentari realizzati per The Blues, serie che rischia di diventare un evento culturale di cruciale importanza per la tradizione americana e non solo. Accanto a loro siede uno dei produttori, Alex Gibney, che negli USA ha una carriera ormai decennale come sceneggiatore di numerose serie televisive di successo. Mr. Gibney ha appena illuminato la conferenza stampa affermando il ritrovamento di una registrazione (from the mixing board, tratta direttamente dal mixer) dello show di Bob Dylan e della Paul Butterfield Blues Band al Newport Folk Festival nel 1965. Come dire, la documentazione completa di una svolta musicale del 900, e lo racconta con finta nonchalance e gli occhi del fan furbetto che sa di averla fatta grossa e non vede lora di dirlo al suo migliore amico.
Gibney è il più loquace del trio e attacca subito, chiarendo che una serie del genere necessitava di registi in grado di filmare documentari (genere oltretutto molto in voga dopo Bowling for Columbine) appassionanti, ritmati sotto il profilo stilistico, ma soprattutto animati da una passione vera per il blues e la musica delle radici. Ci siamo posti fin dallinizio il problema del presente. Non volevamo mostrare al pubblico i soliti documentari che riuniscono insieme filmati di repertorio, perché avremmo rischiato inutilmente di produrre sette film uguali fra loro. Cera bisogno di uno sguardo più ampio. Tutta la serie si interroga sul passato del blues, ma anche e soprattutto di cosa è rimasto oggi, ad esempio di come il blues abbia influenzato le forme musicali contemporanee. Si parla di influenze, ma dove risiede il blues della contemporaneità? I documentari si occupano anche di bluesmen giovani. Cè Corey (Harris, ndi), cè Alvin Youngblood Hart, ci sono i North Missisippi Allstars e i White Stripes, che incredibilmente attirano un pubblico piuttosto giovane. Cè un gruppo importantissimo come i Roots, che propone ad una platea hip-hop quello spirito eclettico che ha permesso al blues di reincarnarsi continuamente. Sempre a Gibney vengono chieste delucidazioni sulle fonti.Come accade in molti casi del genere, abbiamo trovato le cose più interessanti frugando negli archivi di molti privati. La registrazione di Dylan, ad esempio, è spuntata dal nulla in questo modo. E sempre incredibile scoprire quanto materiale di ottima qualità possa provenire dai solai e dalle vecchie cantine, soprattutto se paragonato alla frequente povertà degli archivi pubblici. Si chiedono notizie sulla molla che ha portato a queste sette pellicole. La chiave di tutto è la passione. Quella di Marty (Scorsese, ndi) soprattutto, limportanza che per lui riveste il cinema, anche come forma di preservazione e trasmissione futura. Non volevamo fare de semplici film educativi, asettici, ma solo qualcosa che trasmettesse la nostra passione: a questo punto speriamo che molte persone la recepiscano e, dopo aver guardato la serie, che escano fuori a cercare di più.
Esce fuori il nome di Scorsese e immediatamente arriva una domanda sul coinvolgimento col regista di NY. La parola passa a Pearce: Marty ha avuto lidea, ma era completamente assorbito da un progetto enorme e faticoso come Gangs of New York. Questo, unito alla sua umiltà e alla sua apertura mentale, lo ha portato a lavorare con più registi che poi hanno beneficiato di parecchia carta bianca sotto il profilo artistico. Levin, con indosso una bellissima maglietta della Chess, sorride sornione: Fortunatamente abbiamo potuto esprimere dei punti di vista personali e peculiari, ci è stata concessa una notevole libertà. Conoscevamo a grandi linee gli argomenti di cui avrebbero parlato gli altri, giusto per evitare di filmare sette pellicole su Robert Johnson, ma non abbiamo dovuto rincorrere in nessun modo le date e gli eventi del blues in maniera cronologica. Quello, del resto, sarebbe stato un lavoro ben più lungo di 7 documentari. Parla del suo film: Volevo mostrare il rapporto che intercorre fra due mondi apparentemente distanti come blues e hip-hop. Si è sempre parlato, direi fino allo sfinimento, del blues come progenitore del rock, dellhard rock e persino dellheavy metal, senza mai indagare su cosa abbia dato allhip-hop e alla musica nera contemporanea. E se ci pensi è strano, perché entrambi i generi emergono come potenti culture di strada. A quel punto la domanda è stata: come mostrare tutto questo? Come arrivarci? Lo spunto è saltato fuori con una mail scritta da Chuck D, il leader dei Public Enemy, a Marshall Chess, figlio di Leonard, il fondatore della Chess Records. Sostanzialmente Chuck voleva raccontargli quanto Electric Mud fosse stato importante nella sua scoperta di Muddy Waters e di tutto luniverso blues. Electric Mud, ovvero uno dei più controversi album di tutti i tempi ma anche scintilla galeotta nellincontro fra Chuck D e Chess. E stato definito il peggior album blues di sempre. Era il 1969 e lo affermò nientemeno che Rolling Stone, il disco era uscito giusto lanno prima, proprio per la Chess. Eppure nel corso degli anni molti ragazzi se ne sono lasciati incuriosire, non è un caso che Chuck abbia scritto a Marshall dicendo che quel disco è stato linizio del suo amore per Muddy Waters. Credo afferma ridendo che Marshall aspettasse quella mail da trentanni.
E come mai Chicago? Chicago è una città perfetta per cercare collegamenti. Rimanendo in ambito blues è una delle più importanti città americane, forse la più importante visto e considerato che ha dato i natali alla Chess, ma ha il pregio di possedere anche una scena hip-hop piuttosto viva.
Dal documentario di Levin a quello di Pearce, ci si chiede se lavorare con unicona come B.B. King sia stato un bene o un male. Inizialmente ero nervoso, avevo paura di trasformare il mio documentario in un film su B.B. King, mentre lidea era di entrare a fondo nella realtà cittadina, cosa non facile perché in questo senso King è una specie di totem, una delle più grandi stelle che il blues abbia mai avuto e di certo la più grande che sia mai uscita da Memphis. La soluzione è stata quindi di incentrare la storia sul viaggio intrapreso dai bluesman del Delta, sulle loro prime apparizioni radiofoniche e su ciò che successivamente si è trasformato nel chitlin circuit, che ha lanciato King ma ha anche permesso a molti musicisti di lavorare nellombra per anni e anni, fino ad oggi. Cè anche da dire che la disponibilità di tutti, da King stesso a Bobby Rush, che a sorpresa è stato felice di averci tra i piedi sul tourbus, ha reso le cose più facili fin dalle prime riprese. Perfino rimettere nella stessa stanza Ike Turner e Sam Phillips si è rivelato più facile del previsto.
Bernardo Cioci